Niente contratti Cococo, l’Accademia va in tilt «Ci sono interi corsi che non sono stati avviati»

Non è bastato più di un mese di sollecitazioni al Miur, incontri coi docenti e la direzione, assemblee studentesche, appelli alle istituzioni. Così gli studenti e le studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Palermo hanno deciso di alzare il tiro della protesta e di scendere in strada per rendere evidente un disagio che va avanti dall’inizio dell’anno accademico. Da questa mattina sull’istituto di via Papireto sono comparsi una serie di striscioni, mentre gli studenti e le studentesse in questo momento sono riuniti in un’assemblea per decidere le prossime mosse.

Sin dal 14 ottobre all’Accademia si è assistito a un blocco forzato delle lezioni dovuto all’assenza dei docenti. Un blocco, tra l’altro, ampiamente prevedibile e che si poteva evitare: dal primo luglio è infatti scattato il divieto per gli istituti di alta formazione di rinnovare i contratti Cococo (contratto di collaborazione coordinata continuativa). Un tipo di contratto molto diffuso negli istituti artistici di tutta Italia, visto il tipo di collaborazione richiesto: solo a Palermo circa la metà dei docenti era stata assunta fino a questo momento in questo modo.

In attesa di un pronunciamento da parte del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (che ancora non arriva), sono potute partire solo poche lezioni. «Ci sono interi corsi che non sono proprio stati avviati – racconta la studentessa Roberta Ferruggia – ad esempio il primo anno del biennio di Animazione o il terzo anno di Graphic Design che ha un solo docente. La situazione è catastrofica. E questo problema riguarda altre sfere: gli studenti disabili non hanno ad esempio i propri tutor, visto che anche questi erano assunti con contratti Cococo, così come i ragazzi che seguono la Scuola Libera del Nudo che non hanno i modelli. In questo ultimo caso gli studenti stanno facendo pratica sulle statue, ma non è la stessa cosa».

Per superare questi disagi lo scorso mese è nato un collettivo accademico, che sin da subito ha coinvolto insegnanti e direzione in quella che è una battaglia comune. «Certamente è un’esigenza condivisa – continua Roberta – I docenti lottano per il diritto al lavoro, noi per quello studio, ma la condizione è comune. Abbiamo provato a contattare il ministro Fioramonti, ma finora non abbiamo avuto risposta. Sappiamo che l’atto in sè che ha creato disagio è scaturito dalla presidenza del consiglio dei ministri e dal precedente governo, comunque c’è la necessità di intervenire. Invece da un mese subiamo solo silenzi. Il direttore Zito ci ha comunicato che per i docenti che volessero intanto partire con un contratto a partita Iva si potrebbe comunque cominciare, ma dovrebbero essere le istituzioni fornire delle indicazioni precise. E il problema riguarda non solo l’Accademia ma anche il Conservatorio».


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