Nella tana di Luigi

L’incontro di Doppia Scena, organizzato dalle facoltà di Lingue e Lettere, con la collaborazione del Teatro Stabile di Catania, della cattedra di Letteratura Tedesca e quella di Lingua Tedesca, si è svolto all’insegna della scoperta di Kafka come autore innovativo e viscerale, attraverso lo spettacolo teatrale “Nella tana” di Luigi Lo Cascio.
“I romanzi di Kafka li ho sempre cominciati”, racconta Lo Cascio, “ma non riuscivo a terminarli, perché durante la lettura mi suscitavano una sorta di nausea, procuravano in me dei mancamenti”. Risponde così alla domanda della prof.ssa Grazia Pulvirenti, coordinatrice dell’evento, sul perché della scelta di questo autore, più rappresentabile al cinema piuttosto che al teatro, vista la mania dello scrittore nel descrivere con cura ogni dettaglio. “I racconti ti lasciano senza fiato. Kafka fa male perché istiga il lettore ad interpretare. E’ un tipo di scrittura che agisce sul fisico e sul respiro. Siccome il teatro ha a che fare con delle ‘metamorfosi’, l’idea di Kafka è stata immediata”. 

Lo Cascio voleva riscrivere questo racconto, voleva dare un respiro teatrale, ma non è riuscito a frenare la sua “sintassi pachidermica e così ho lasciato scorrere”. Periodi lunghi che hanno un senso mimetico, difficoltoso per chi parla; c’è un lavorio di scavo, di trivellamento attraverso la lingua.  “La Tana è una deriva di interpretazioni. Può avere un significato politico, filosofico, sociologico, psicanalitico… Il testo ci parla di qualcosa fortemente attuale”.

Si passa poi alla mitologia presente nelle opere dello scrittore praghese. L’autore, sicuramente, è influenzato dalle sue letture, come Nietzsche e Schiller nei quali è presente la mitologia greco-latina. La prof.ssa Rosalba Galvagno avanza l’ipotesi della presenza del mito del Minotauro o Dedalo: “Sicuramente il Minotauro è presente nel labirinto costruito nella tana di questo essere, ma ci sono anche altri riferimenti mitologici come il Prometeo Incatenato o il Canto delle Sirene di Ulisse. La figura di Prometeo è immediata; retrocedendo sempre più in qualcosa di primitivo, lì comincia l’invenzione del mito. Mitologia nuova, che costringe ad inventare delle varianti. Da un lato lo si recepisce così com’è, dall’altro si cerca di dare subito una interpretazione”.
 
La scenografia scarna dello spettacolo serve ad avere un maggiore contatto con l’essere, nei suoi vaniloqui e nelle sue angosce. La scelta di una sala piccola è voluta per ricreare un luogo buio, angusto quale è una tana. Nel momento in cui l’io narrante si mostra al pubblico si ha la sensazione di trovarsi di fronte ad un essere uscito dalla sua tana. “La tana è il teatro, è il rifugio, – dice Ezio Donato – un luogo protetto dove tutto può accadere”. “’Nella tana’ è una scrittura che permette un qualcosa di meta-teatrale – afferma Lo Cascio –. Kafka è un pornomane, in lui sono presenti alti e bassi. Ho cambiato il titolo perché è quello il mio rapporto con questo testo. Con il teatro si recupera la sfrontatezza dello stile”.
L’incontro è durato più del previsto, forse dovuto anche al ritardo iniziale dell’attore. Seduto alla tavolo da conferenze la prima battuta è stata: “Io non vedo l’ora di andarmene, prima di dire sciocchezze”. Attorno a lui anche Mark Anderson, Rosario Castelli, Paola Di Mauro, Alessandro Fambrini e Stefania Rimini.

L’unico dubbio ‘kafkiano’ che rimane, a questo punto, è: che cosa c’era in quel pacco regalo che gli è stato consegnato da una ragazza alla fine dell’incontro?


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