Nel Canale di Sicilia uno dei siti archeologici più antichi Ricercatori scoprono un monolite di oltre novemila anni

Per lunghi secoli è rimasto adagiato sul fondo del Canale di Sicilia, a quaranta metri di profondità. Si tratta di un blocco di pietra lavorato, lungo dodici metri, la testimonianza del passaggio di antichi popoli che oltre novemila anni fa vivevano in un arcipelago – oggi sommerso – tra le coste della Sicilia e Pantelleria. Si tratta di uno dei più antichi siti archeologici sommersi ritrovati in tutto il mondo. È la scoperta di un gruppo di ricercatori dell’Ogs, istituto nazionale di Oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste, uno studio condotto in collaborazione con l’università di Tel Aviv, i carabinieri e un gruppo di sub professionisti della Global underwater explorers

«Lavoriamo nel Canale di Sicilia da alcuni anni», racconta a MeridioNews Emanuele Lodolo, coordinatore del progetto. «Dal 2009 conduciamo dei rilievi geofisici e geologici in questa area». Le ricerche si sono concentrate nei pressi di «un banco sommerso a 50 chilometri a sud di Mazara del Vallo». Individuata la zona, «abbiamo eseguito una mappatura ad alta risoluzione e dalle loro analisi abbiamo notato una morfologia non riconducibile ad attività naturali». Da lì la decisione di approfondire ulteriormente: «Grazie ai sub abbiamo fatto anche dei video e delle foto in profondità – prosegue Lodolo – Hanno collaborato con noi il nucleo dei carabinieri di Mazara del Vallo che ci ha messo a disposizione una motovedetta e del personale». 

I ricercatori hanno individuato così il monolite. «È spezzato a metà – descrive Emanuele Lodolo – Ha dei fori regolari, non è un’erosione di tipo naturale, ma è legata ad attività umana». Impossibile, almeno per ora, capire con certezza di cosa si tratti. «Non sappiamo ancora quale fosse la sua funzione effettiva – sottolinea – Secondo un’ipotesi, dato che si trovava su un’isola in un arcipelago, potrebbe trattarsi di un antico faro, il foro in alto potrebbe aver ospitato una torcia». Ma ancora è presto per stabilirlo con certezza. «Ci sono altri elementi che stiamo studiando, però ancora necessitano ulteriori approfondimenti». Nei prossimi mesi i ricercatori torneranno nei dintorni dell’arcipelago sommerso. «Dovremo andare a fare ulteriori indagini con i sub. Dipende anche dai finanziamenti – precisa – Si tratta di operazioni che comportano uno sforzo finanziario. Contiamo entro l’anno di eseguire un altro paio di rilievi».

La scoperta «getta nuova luce sulle civiltà antiche del Mediterraneo – spiega l’esperto – stiamo parlando di civiltà molto antiche, che hanno preceduto tutto quello che conosciamo sulla storia del Mediterraneo». La notizia è stata resa nota solo in questi giorni, ma il ritrovamento risale a quasi un anno fa. «Abbiamo aspettato il corso del rigido protocollo richiesto dalla comunità scientifica, abbiamo trovato il monolite il 16 settembre 2014». Un momento, quello della scoperta, «di grande felicità. È stato il riconoscimento di uno sforzo che ha vissuto anche momenti frustranti – confessa il ricercatore – Si cercano cose che non si sa se esistano». 


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È la testimonianza del passaggio dei popoli che vivevano in un arcipelago oggi sommerso. Risultato di uno studio dei ricercatori dell'istituto nazionale di Oceanografia e di geofisica sperimentale di Trieste. Un ritrovamento che «getta nuova luce sulle civiltà antiche del Mediterraneo», spiega il coordinatore, Emanuele Lodolo

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