Nei campi estivi di Libera, tra i ragazzi venuti dal Nord «Provenzano? Prima della morte, mai sentito parlarne»

L’alba è passata da poco e l’aria fresca lascia il posto al caldo estivo di luglio. Sole, caldo, sudore, lavoro e impegno. Sono queste le parole che fanno da contorno alle giornate dei ragazzi di Libera che dal Nord Italia sono scesi nel profondo Sud per toccare con mano la realtà dei beni confiscati alla mafia. Lavoro nei campi, coltivando le terre e raccogliendo i suoi frutti, e formazione personale, scoprendo le storie di chi è morto per mano mafiosa e di chi ancora oggi in trincea la combatte. Come quella di Gaspare Palmeri, vittima per anni dimenticata, la cui memoria rimane viva grazie al ricordo dei figli Filippo e Giovanni. Storie come quella di Gregory Bongiorno, imprenditore coraggioso che ha denunciato i mafiosi che gli chiedevano la messa a posto, cioè il pizzo. 

A Castellammare del Golfo, in provincia di Trapani, sono tanti i campisti di Estate Liberi. Qui, nel Comune sciolto per mafia nel 2006 che nel tempo ha saputo riscattarsi, l’associazione Castello Libero Onlus gestisce – in partenariato con gli scout, con il locale presidio di Libera e con l’associazione Antiracket e Antiusura locale – un piccolo bene confiscato alla mafia, assegnato dal Comune nel 2012 tramite bando pubblico. Sequestrato negli anni ’80 e poi successivamente confiscato all’ingegnere Salvatore Palazzolo, imprenditore colluso con Cosa Nostra con un ruolo centrale nella speculazione edilizia che ha sfregiato la costa di Castellammare del Golfo e Scopello negli anni ’70. 

Il progetto di riutilizzo prevede la realizzazione di un centro culturale per i giovani. Recentemente l’associazione ha ottenuto un finanziamento a valere sui fondi Pac con il quale ha provveduto a ristrutturare la casa (inagibile al momento dell’assegnazione) e ad avviare le attività di promozione sociale previste dal progetto di riutilizzo del bene. Tra giugno e luglio sono arrivati gruppi provenienti da Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto, Piemonte, Puglia, Trentino Alto Adige, Campania e Lazio. Per alcuni si tratta della prima esperienza, per altri invece è un appuntamento annuale. «Siamo stati a Scampia e ci ha colpito molto. Così abbiamo deciso di provare di nuovo qui in Sicilia», racconta Francesca, giovane emiliana che ha convinto le amiche a provare. «Per noi è la prima volta, viviamo in Emilia Romagna dove la mafia spesso è un fatto distante, se ne parla poco». Silenzio che accomuna Nord e Sud. «Nel mio territorio – spiega una ragazza salentina – la mafia è silenziosa e spesso non se ne parla, anzi si additano tutti gli episodi come atti di criminalità comune». Diversa è invece la posizione di un giovane di Latina che spiega: «Il fenomeno mafioso si sente eccome, i Casalesi comandano su tutto. Libera e i campi estivi sintetizzano al massimo il mondo dell’antimafia responsabile: lavoro, impegno, conoscenza e dedizione».

Spiazza rilevare che molti dei ragazzi impegnati a Castellammare non avevano mai sentito parlare di Provenzano prima della sua recente morte. «Ci hanno raccontato che per anni è stato a capo della mafia siciliana – raccontano alcune ragazze -. Prima del giorno della sua morte molte di noi non sapevamo neanche chi fosse Bernardo Provenzano». Su undici giovani intervistate, quasi tutte emiliane, sette non avevano mai sentito parlare dell’ex numero uno di Cosa Nostra. Soltanto nel momento della sua morte, visto che si trovavano in Sicilia, a pochi chilometri da Corleone, il paese del vecchio boss defunto a Milano, hanno potuto conoscere di più la ferocia di Binnu u tratturi.

I campi di Libera servono anche a questo, a fare memoria. «Le attività dei campi e in particolare del nostro – spiega Vincenzo Desiderio, referente di Libera a Castellammare del Golfo – si dividono tra la cura dell’orto, la pulizie dei terreni, la costruzione di aiuole e vialetti e piccoli lavori di manutenzione. Nel pomeriggio invece si procede con la formazione: abbiamo incontrato familiari di vittime di mafia come Giovanni Palmeri, Antonella Borsellino, Antonio Zangara, forze dell’ordine, imprenditori coraggiosi, giornalisti e soprattutto i referenti siciliani di Libera». Spazio anche al tema dei beni comuni con la visita alla Riserva dello Zingaro. «Se vogliamo contrastare la mafia – conclude Desiderio – dobbiamo essere in grado di comunicare bene, trasmettendo la vera immagine della mafia e la vera immagine dell’antimafia, quella reale e concreta».


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