‘Ndrangheta e appalti, coinvolte ditte siciliane Accordi per manipolare gare con aiuto dei clan

Ci sono anche quattro imprese siciliane tra le 54 coinvolte nelle due inchieste delle Direzioni distrettuali antimafia di Reggio Calabria e di Catanzaro, che hanno portato all’arresto di 35 persone accusate di associazione per delinquere di tipo mafioso, frode, turbativa degli incanti, corruzione, rapina ed estorsione. 

Le indagini – denominate Cumbertazione e 5 Lustri e condotte dalla guardia di finanza calabrese, con l’ausilio dei nuclei di polizia tributaria di diverse parti d’Italia, tra i quali quelli di Agrigento, Messina, Palermo e Ragusa – hanno fatto luce su un sistema illecito di gestione degli appalti pubblici, che ruotava attorno alla piana di Gioia Tauro. Al centro di tutto il gruppo imprenditoriale Bagalà, legato a doppio filo alla ‘ndrangheta e detentore di una posizione di dominanza in tutta la Calabria. Forza che, secondo gli inquirenti, si sarebbe accresciuta grazie al sostegno della cosca Piromalli

Sono almeno 27 le gare che sarebbero state condizionate tra il 2012 e il 2015, per un valore complessivo di oltre 90 milioni di euro. A indirle Comuni, Provincia ma anche l’Anas

Gli appalti venivano manipolati grazie alla costituzione di un cartello di società – circa 60 – che si prestavano a far parte del sistema: le offerte presentate, infatti, erano spesso funzionali a corredare l’elenco dei partecipanti, nell’ottica di rappresentare una situazione di normalità e pluralismo che in realtà mascherava una regia esterna interessata a far vincere le gare alle imprese di fiducia. Nei casi in cui ad aggiudicarsi la competizione erano società esterne alla cerchia principale di imprenditori, il sistema prevedeva comunque che a operare – tramite i meccanismi dei subappalti – fossero sempre gli stessi. 

Tra le ditte compiacenti anche Comel srl e Interconsolidamenti srl, entrambe di Cammarata in provincia di Agrigento, la Di Paola srl di Vittoria in provincia di Ragusa, e la Effepi di Villafrati, nel Palermitano. Arrestate le persone a cui le quattro società erano riconducibili. Si tratta di Francesco Migliore, Filippo Migliore, Alessio La Corte e Vito La Greca.


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