Emanuele Fonti, 60 anni, è uno degli arrestati del blitz Molo 13, che ha colpito la famiglia Gallace di Guardavalle (Catanzaro). Tra gli esponenti di vertice c'è Francesco Riitano, l'uomo che nel 2019 fu arrestato da latitante in un bed and breakfast di Giardini Naxos
Narcos e ‘ndrangheta, i servizi di un messinese alla cosca In giro per l’Italia a raccogliere soldi e piazzare la cocaina
Laika. Come la cagnolina scelta dall’Unione Sovietica per lanciare la sfida agli Stati Uniti in piena guerra fredda, ma con una differenza sostanziale: anziché andare nello spazio, girava per l’Italia tenendo i contatti con finanziatori e distributori. È questo il nome in codice di Emanuele Fonti, 60enne messinese ritenuto braccio destro di Francesco Riitano, l’uomo di punta della cosca ‘ndranghetista dei Gallace, nel traffico internazionale di stupefacenti. Entrambi sono finiti in carcere nel blitz della guardia di finanza denominato Molo 13, dal nome di un ristorante di pesce dove gli uomini del clan erano soliti riunirsi a Guardavalle, centro del Catanzarese che rappresenta il fortino dei Gallace.
Fonti, che è stato rinchiuso in una cella del carcere di Genova, è l’unico siciliano coinvolto nell’operazione. Anche se tutto fa pensare che la Sicilia sia stata un punto di riferimento per Riitano. Il 40enne, infatti, è stato catturato ad agosto del 2019 in un bed and breakfast di Giardini Naxos, dove era arrivato con documenti falsi insieme alla famiglia. Già all’epoca, infatti, era ricercato dopo che il gip del tribunale di Milano aveva emesso nei suoi confronti un’ordinanza di custodia cautelare. Che a dare appoggio in Sicilia a Riitano sia stato all’epoca il fidato Fonti non è possibile dirlo, quel che è certo è che il 60enne godeva della fiducia pressoché incondizionata del calabrese. Dalla raccolta dei fondi con cui finanziare l’acquisto dei carichi di cocaina dai narcos sudamericani alla partecipazione agli incontri utili per organizzare gli spostamenti dello stupefacente una volta arrivato in Italia, fino alla ricerca degli acquirenti a cui rivenderla. Per riempire le piazze della droga da Nord a Sud, i Gallace avrebbero potuto contare sui porti di Gioia Tauro, Livorno e Genova, ma anche sui viaggi su gomma, partendo dai Paesi Bassi.
È nel corso delle trattative per il recupero di un maxi-carico di cocaina, proveniente dalla Colombia, che la figura di Fonti emerge nella sua poliedricità. L’uomo, infatti, segue passo passo con Riitano il percorso di avvicinamento della nave che, a inizio maggio del 2017, approda nel porto della città toscana. La droga, così come concordato, viene però lasciata andare in mare a poche miglia dalla costa. Il piano, che in un primo momento la cosca contava di attuare in acque spagnole, prevede che una nave vada a recuperare i borsoni contenenti circa un quintale e mezzo di cocaina appositamente legati a una serie di boe. Nelle settimane precedenti, Fonti si era spostato da una regione all’altra per raccogliere i soldi destinati all’acquisto. «Buonasera, domani viene Laika. Vedi che ti chiama con il contatto nuovo», scrive in un messaggio Ciccio Riitano. Uno dei tanti inviati con il sistema criptato garantito dai telefonini Blackberry, utilizzati dagli uomini della cosca nel tentativo di tenere nascoste le comunicazioni.
Tuttavia, nonostante l’organizzazione meticolosa e la possibilità di contare come skipper di un romano appartenente alla Capitaneria di porto, la cocaina va tutta perduta. A far saltare il piano sono, infatti, le cattive condizioni del mare e, in particolare, la corrente che allontana i borsoni. Gli stessi verranno ritrovati per la maggior parte sulla spiaggia tra le località Terrazza Mascagni e Bagni Pancaldi (Livorno), mentre il resto a un miglio dalla costa dai militari della Marina. In ogni panetto era impresso lo stemma della Porsche o della Maserati. Come a ricordare la velocità con cui la cocaina si muove da un continente all’altro, senza dimenticarsi di un paese di poche migliaia di abitanti non distante dal mare.