Un’infezione non riconosciuta, un parto difficile avvenuto solo dopo che per tante volte la partoriente era stata rifiutata da altri ospedali, un problema polmonare insorto dopo il cambio dell’incubatrice. In mezzo un macchinario che a detta di uno dei medici non sarebbe stato funzionante. Una vicenda che, proprio nei giorni nei quali infuriavano le polemiche per la vicenda della piccola Nicole, vede ancora una volta la morte di un neonato, Mattia. A riportare per prima la notizia è la testata LiveSicilia. La tragica storia parte in provincia di Catania, a Bronte, paese natale dei genitori. «La signora si fa seguire in quell’ospedale», racconta a Meridionews Dario Pastore, legale della coppia. Alla base di tutto «ci sarebbe una omessa diagnosi di una infezione vaginale così grave e non individuata da aver determinato la rottura della placenta e il parto prematuro. Il condizionale è d’obbligo, dato che ci sarà un’inchiesta».
La donna «viene ricoverata due volte. Quando le si rompono le acque, prima che il bambino nasca, viene trasferita all’Umberto I di Siracusa, nel reparto di terapia intensiva neonatale». Viene scelta la struttura aretusea perché «tutti gli ospedali negano il posto in ginecologia», chiarisce l’avvocato. Che aggiunge: «Anche questo sarà oggetto di indagini». A Siracusa «le fanno la diagnosi dell’infezione» e il piccolo viene al mondo il giorno dopo. È il 20 gennaio, «il ricovero si protrae fino al 25 febbraio – racconta Pastore – Il bambino migliora, fino a quando il 18 febbraio viene cambiata l’incubatrice e poco dopo viene riscontrata al bambino una grave infezione polmonare. Cosa che prima non c’era», puntualizza.
Sono i giorni immediatamente successivi alla morte di Nicole, deceduta in ambulanza perché non c’era posto per lei nelle strutture neonatali del Catanese. «In quel momento c’era l’ispezione ministeriale voluta dal ministro Beatrice Lorenzin e dall’assessore Lucia Borsellino, i genitori vedevano nel reparto di terapia neonatale del movimento», riporta l’avvocato. Nella struttura siracusana, secondo il padre e la madre del piccolo Mattia, le apparecchiature non sarebbero state a norma. «A Mattia manca il lembo osseo che separa le due narici – spiega l’avvocato che riporta il racconto della coppia – perché a dire di un medico il macchinario c-pap (che serve ad alleviare problemi respiratori, ndr) era difettoso», ripete.
La situazione precipita pochi giorni fa, il 25 febbraio. «Il primario chiama la signora e le dice che il bambino aveva bisogno di terapia ossidonitrica». Nulla di urgente o di pericoloso, la rassicurano. Mattia viene dunque trasferito al policlinico di Messina, dove ai genitori viene detto che la terapia prescritta a Siracusa è l’ultima delle preoccupazioni. «I parametri vitali erano tutti fuori norma, il bambino era affetto da una grave acidosi metabolica (l’aumento degli acidi nel sangue, ndr) che non è stata curata. Irreversibile. Ieri è morto».
Stamattina i genitori del bambino hanno sporto denuncia tramite il loro legale, «probabilmente la salma verrà sequestrata per l’autopsia, è ancora alla camera mortuaria del policlinico di Messina», conclude Pastore. Che non riesce a trattenere l’amarezza: «Non è possibile che in Sicilia si muoia perché non si sa fare il proprio lavoro».
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