È tra i trending topic di twitter ma, complice l’estate, la domenica e i mondiali di calcio, non è neanche al primo posto delle discussioni sul social network (prima di lui sia la partita Uruguay-Portogallo che la conduttrice tv Simona Ventura). Sotto l’hashtag #Borsellino si concentrano le reazioni alle motivazioni della sentenza del processo Borsellino quater, di cui sono stati resi noti alcuni stralci.
C’è chi, come Antonella Delprino, preferisce un’amara ironia: «È bello sapere che almeno uno dei tre poliziotti che collaboravano con il capo della mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, tutti accusati di depistaggio delle indagini per l’omicidio Borsellino e per i quali è stato chiesto il rinvio a giudizio, è tuttora in servizio». C’è chi si affida al nuovo governo, come nel caso di Fabio: «Speriamo che Salvini possa, malgrado Berlusconi alle spalle, aprire le carte e far chiarezza». Altri, invece, citano lo scrittore Leonardo Sciascia: «Se lo Stato italiano volesse davvero sconfiggere la mafia, dovrebbe suicidarsi». Il messaggio di tanti è all’insegna della disillusione, come quella di Giampaolo Spinato, che scrive: «Per pretendere fiducia le istituzioni devono meritarla»; o quella più acre di Maurizio, che invece segnala: «i giudici dopo anni ci dicono che per l’omicidio Borsellino c’è stato il più grave caso di depistaggio della storia. Ma và? Chi l’avrebbe mai sospettato? Io mi aspettavo nomi e moventi e non qualcosa che sapevano già tutti».
Tra i più critici contro l’operato dei magistrati, e in special modo contro il processo sulla trattativa tra Stato e mafia, c’è certamente il giornalista Giuseppe Sottile. Che sul giornale da lui diretto, Buttanissima Sicilia, avanza qualche dubbio sul contenuto della decisione della corte d’assise di Caltanissetta: «Dicono che è stato un colossale depistaggio. Dicono che a Caltanissetta pochi ma spregiudicati investigatori hanno fatto scempio della verità sulla strage nella quale morì il giudice Paolo Borsellino. Ma quando leggi le motivazioni della sentenza per capire chi furono i registi della messa in scena costruita attorno al falso pentito Scarantino scopri che i colpevoli non ci sono. I giudici del “Borsellino quater” insistono sul questore Arnaldo La Barbera, che guidò il gruppo d’indagine e che è morto prima che il processo arrivasse alla fase dibattimentale. E mettono alle corde tre poliziotti, infelici e sconosciuti, per i quali si preannuncia già un lungo calvario giudiziario. Sui magistrati che con un semplice tratto di penna avrebbero potuto sventare ogni trucco e ogni inganno neppure una parola. Al massimo ebbero qualche “distrazione”».
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