Prescrizione. È la parola che mette (una prima) fine al processo per la morte di Stefano Biondo. Il 21enne siracusano disabile psichico deceduto il 25 gennaio del 2011 nella comunità alloggio dove era stato ricoverato il giorno prima. Per il suo decesso, nel 2018, l’infermiere Giuseppe Alicata è stato condannato in primo grado a due anni per […]
Morte Stefano Biondo, arriva la prescrizione per l’infermiere. La sorella: «Colmo il vuoto con l’impegno»
Prescrizione. È la parola che mette (una prima) fine al processo per la morte di Stefano Biondo. Il 21enne siracusano disabile psichico deceduto il 25 gennaio del 2011 nella comunità alloggio dove era stato ricoverato il giorno prima. Per il suo decesso, nel 2018, l’infermiere Giuseppe Alicata è stato condannato in primo grado a due anni per omicidio colposo. L’operatore sanitario avrebbe soffocato il giovane con una manovra a tenaglia per fermare una crisi. Nel 2024 è cominciato il processo d’Appello di cui giovedì è prevista una nuova udienza, ma «il reato ormai è prescritto». La conferma a MeridioNews arriva dall’avvocato Massimo Lo Vecchio che, da anni, assiste la sorella Rossana La Monica che si è costituita parte civile. Per questo caso, dunque, non c’è più possibilità di una condanna penale.
Dalla richiesta di archiviazione alla prescrizione

Il processo per l’omicidio di Stefano Biondo finisce adesso con una prescrizione. Ma rischiava di chiudersi, sin da subito, con una richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero Giancarlo Longo. A opporsi era stata poi la sorella del 21enne. Dopo il rigetto da parte del giudice per le indagini preliminari, era arrivato il rinvio a giudizio per l’infermiere. «Stefano era un ragazzo fragile di mente ma fortissimo nell’anima. Viveva in un mondo tutto suo, fatto di gesti, sguardi e silenzi che parlavano più di mille parole. Amava i treni, i gelati e le feste. Non era solo mio fratello – dice La Monica al nostro giornale – Ero la sua tutrice, la sua voce, il suo rifugio».
Un omone impostato e alto più di un metro e 85, Stefano era in realtà era un bambinone di 5-6 anni. A tratti autistico e a tratti schizofrenico, i medici non sono mai stati in grado di dare una versione univoca della sua malattia. «Dopo anni di rinvii, attese, silenzi e dolore, mi auguro – afferma – che questa straziante vicenda giudiziaria possa finalmente giungere a una conclusione giusta e definitiva». La speranza della sorella di Stefano Biondo arriva dalla possibilità che vada avanti almeno il processo in sede civile. «Come sempre – assicura – giovedì sarò in aula con la sua foto stretta tra le mani. Spero – aggiunge – che nessun altro debba affrontare un dolore simile senza verità e giustizia».
Il dolore per la morte di Stefano Biondo si fa impegno
«Mi sono sempre occupata di lui in tutto e per tutto. E ci sarò sempre – ribadisce la sorella – Perché l’amore non si spegne con la morte, si trasforma in memoria, in lotta, in impegno». Un impegno diventato concreto, nel 2012, con l’associazione Astrea. Che prende il nome dalla dea greca della giustizia e dell’innocenza. «La sua morte ha lasciato un vuoto incolmabile, ma anche una missione». E oggi Astrea sostiene oltre 550 famiglie in tutta Italia, offrendo aiuti concreti, ascolto, supporto e tutela a chi vive situazioni di fragilità, abbandono e ingiustizia. Ogni storia che accogliamo – sottolinea La Monica – è un modo per far vivere ancora Stefano». Che, invece, 14 anni fa è morto per soffocamento meccanico, per mano di un infermiere, nella comunità alloggio dove era stato trasferito. I tre anni precedenti li aveva trascorsi ricoverato nel reparto di Psichiatria dell’ospedale Umberto I di Siracusa.
«Una battaglia per la dignità umana»
Dopo due settimane di visite alla nuova struttura, il 24 gennaio del 2011 Stefano Biondo si trasferisce. L’indomani, sono le 17.40 quando Rossana La Monica riceve una telefonata da una delle operatrici. La donna la avverte che Stefano si è sentito male e le chiede di andare subito. Una volta arriva, trova il fratello sdraiato a terra con i polsi legati con un cavo elettrico. L’autopsia parla di morte per asfissia meccanica da soffocamento causata o dalla chiusura diretta di naso e bocca o dalla compressione della gabbia toracica. «Questa battaglia non è solo mia – ci tiene a sottolineare la sorella di Stefano Biondo – È di ogni cittadino che crede nel valore della dignità umana, nella tutela dei più deboli e nella forza della giustizia. È una battaglia – conclude La Monica – per chi non ha voce, per chi è stato lasciato indietro, per chi merita rispetto».