Alla sbarra ci sono sette medici, in servizio nel nosocomio etneo. Il reato ipotizzato nei loro confronti è di concorso in omicidio colposo plurimo. La prossima udienza è fissata per il 29 ottobre, quando saranno sentite le parti offese
Morì con i suoi gemelli al Cannizzaro, inizia processo L’ospedale catanese citato come responsabile civile
Ha avuto inizio, nella giornata di ieri, alla terza sezione del Tribunale di Catania il processo per la morte di Valentina Milluzzo, la 32enne di Palagonia al quinto mese di gravidanza deceduta il 16 ottobre 2016 dopo avere perso, con altrettanti aborti, i due gemelli che aspettava. Il fatto si è verificato all’interno dell’ospedale Cannizzaro; alla sbarra sette medici in servizio nel nosocomio etneo.
Si tratta del primario del reparto, Paolo Scollo, perché «in posizione di garanzia e con obblighi di controllo e vigilanza»; i medici Silvana Campione, Giuseppe Maria Alberto Calvo, Alessandra Coffaro, Andrea Benedetto Di Stefano e Vincenzo Filippello, «in servizio nel reparto e in sala parto, avvicendatisi nei turni di guardia>; e l’anestesista Francesco Paolo Cavallaro, «intervenuto in sala parto la notte tra il 15 e il 16 ottobre del 2016».
Il reato ipotizzato è concorso in omicidio colposo plurimo. L’udienza di ieri si è caratterizzata dal deposito delle richiesta di prove e la costituzione in giudizio dell’ospedale Cannizzaro come responsabile civile. I processo è stato aggiornato al prossimo 29 ottobre per sentire le parti offese, tra le quali la sorella di Valentina che si è costituita parte civile.
La tragedia di Valentina ha avuto inizio il 29 settembre del 2016 quando è stata ricoverata al Cannizzaro per una presunta dilatazione anticipata dell’utero. Il primo aborto spontaneo si verifica la notte del 14 ottobre, alle 23.30. Il secondo all’1.40 di domenica. La donna muore qualche ora dopo. Secondo quanto riferito dai medici, alla base delle morte ci sarebbe stata una «sepsi con crisi emorragica dovuta a un’infezione». Particolare che secondo i pubblici ministeri Fabio Saponara e Martina Bonfiglio, non sarebbe stato adeguatamente riconosciuto dall’equipe medica che aveva in cura la donna.
A questo sarebbe collegata una seconda presunta omissione dei camici bianchi, ovvero la mancata raccolta dei campioni per cercare di ridurre la setticemia. Altro aspetto contestato dalla pubblica accusa sono la mancata tempestiva rimozione della fonte dell’infezione, dei feti e della placenta, nonché la non somministrazione di globuli rossi durante l’operazione eseguita nella notte tra il 15 e il 16 ottobre.