Un percorso a lungo termine che darà i suoi frutti dopo mesi di confronto tra idee e proposte di artigiani, artisti, associazioni e semplici cittadini. Un'iniziativa che punta a rivalorizzare e a prendersi cura dei tesori, materiali e immateriali, del territorio
Monreale, al via progetto per realizzare un ecomuseo «È la comunità che reinterpreta il proprio patrimonio»
Ci sono stati soltanto due incontri, ancora, tra residenti, professionisti e maestranze del luogo, ma bastano per dire avviato il percorso di realizzazione di un ecomuseo a Monreale. Il Comune, già coinvolto nel progetto di quello inaugurato nel 2016 nella valle dello Jato, sembra averci preso gusto e inizia a guardare ancor più da vicino ai temi della partecipazione, dell’inclusione, del rilancio e della tutela del territorio. Un «patto sociale» in tutti i sensi, come lo ha definito lo storico e archeologo francese Hughes De Varine, che per primo ne ha teorizzato l’applicazione. Come non manca di ricordare il progettista monrealese Natale Giordano, esperto in sviluppo locale e cooperazione internazionale, che sta mettendo a disposizione la sua professionalità per realizzare adesso questo stesso patto nel territorio di Monreale. Un accordo «basato su tre pilastri, con cui la comunità (primo pilastro) tutela e valorizza il proprio territorio (secondo pilastro) reinterpretando il proprio patrimonio, materiale e immateriale (terzo pilastro)», spiega appunto Giordano.
«Il termine fu coniato da De Varine stesso e da Henry Riviere negli anni ’70 nell’ambito della Nuova Museologia e ha trovato applicazione nei processi socioeconomici con bottom up approach – continua il progettista -, definiti dalla Commissione Europea “a quadrupla elica” per via del coinvolgimento di quattro categorie di attori socioeconomici: pubblica amministrazione ed esperti, imprese, mondo no profit e comunità locale». Un percorso, dunque, che non può prescindere dal coinvolgimento di ciascuno, nel territorio. E che più persone richiamerà a sé, più tale partecipazione ne comporterà il successo. «L’ecomuseo trova applicazione nei processi dal basso in cui devono essere coinvolti tutti gli stakeholders locali». Un percorso che però darà i suoi frutti a lungo termine, e che necessiterà prima di più incontri e confronti per mettere sul tavolo idee e propositi. «I processi di comunità, come quelli ecomuseali, sono lunghi e devono essere condotti a coinvolgere quanti più cittadini possibili – sottolinea Giordano -. Il vantaggio di questo processo è da rinvenire nell’essere un’attività pilota nell’ambito di un progetto di cooperazione transregionale già finanziato sulla valorizzazione della dieta mediterranea, patrimonio immateriale dell’Unesco». Progetto finanziato dal Programma Med dell’UE.
«All’inizio (per i primi quattro-sei mesi circa) ci si basa sul coinvolgimento volontario», sottolinea ancora l’esperto. Attraverso, ad esempio, quelle assemblee di comunità promosse da Link, il collettivo Arci di Monreale, che ogni giovedì presterà la propria sede in chiasso Cavallaro per riunire tutti. Il prossimo appuntamento è previsto per la sera del 31 gennaio. Ma quanto costerà, nel concreto, mettere in piedi questo museo a cielo aperto di cui residenti e maestranze si prenderanno cura? È già possibile tradurre in formula numerica il peso di quegli scenari che verranno allestiti per mettere in mostra l’eredità culturale, materiale e immateriale, insomma eccellenze e tesori del territorio? «I costi sono da riferirsi a ciò che i promotori, e quindi gli enti che lo stanno promuovendo, intendono realizzare – prosegue Giordano -, e il programma di attività non è calato dall’alto ma è il frutto della co-decisione dei partecipanti ai laboratori». I primi due incontri, quelli organizzati il 17 e il 24 gennaio, sono stati molto partecipati «sia in termini quantitativi che di qualità della partecipazione. Si è infatti avviata la fase di mappatura e sono state gettate le basi per interventi con le scuole del comprensorio monrealese per approfondire i temi legati alla dieta mediterranea come corretto e salubre stile di vita».
Gli enti promotori di questo percorso sono il Coppem, vale a dire il Comitato permanente per il partenariato euromediterraneo delle autorità locali e delle regioni, che ha sede a Palermo e promuove la cooperazione e lo sviluppo locale e decentrato, per cui Giordano ricopre il ruolo di project manager; poi l’Iccn – Ufficio regionale per l’Europa e il Mediterraneo, che vede Giordano questa volta nelle vesti di direttore; e infine la Fondazione Patrimonio Unesco Sicilia. Ma quali sono esattamente i vantaggi di un impegno simile? «La sostenibilità dello sviluppo, la sua permanenza e la sua durata», chiarisce ancora una volta l’esperto. «Se proprietaria del processo sarà la comunità, sarà la comunità stessa a garantirne la continuità, la sua tutela, valorizzazione, promozione e sviluppo – dice -. Ma i primi e visibili vantaggi sono già chiari: l’avvio di un processo costitutivo di comunità, concetto, questo, che a Monreale si è fortemente depauperato negli ultimi 20 anni, e la cooperazione con altri 12 territori pilota tra i Paesi mediterranei per lo scambio di buone pratiche e modelli di confronto». Un percorso che si prefigge, insomma, sin da queste primissime battute di essere qualcosa di importante e che a breve, tra le altre cose, vedrà volare Giordano a Tirana dal 4 al 10 febbraio per il terzo meeting di progetto. Occasione in cui incontrerà il presidente della Commissione Unesco d’Albania «per avviare le pratiche di sottoscrizione della Convenzione Unesco della dieta mediterranea da parte del governo albanese».