Monopolio Etna, bandi taroccati forse già dal 2013 La busta da un centesimo e Barone «asso di mazze»

Non solo 
«minacce» e ostruzionismi sull’appalto del 2017 e i presunti tentativi di interferire con il project financing del 2018. L’ombra delle manovre che Francesco Russo Morosoli e altri fra gli indagati dell’inchiesta Aetna avrebbero attuato per «perpetrare il monopolio» del suo impero imprenditoriale sull’Etna partirebbe da più lontano. Ne sono convinti i magistrati della Procura di Catania, i cui approfondimenti individuano un primo oscuro caposaldo nel 2013. Quello è un anno di svolta, comunque si guardi alla vicenda. Scadono, infatti, le concessioni dirette alla Star srl – società del gruppo Russo Morosoli – delle redditizie escursioni in jeep risalenti agli anni Settanta. Assegnazioni dei Comuni di Linguaglossa e Castiglione, i proprietari dell’unica strada d’accesso ai crateri del vulcano dal versante nord. 

I due enti – sindaci erano
Rosa Maria Vecchio e Salvo Barbagallo, non coinvolti nell’inchiesta – scelgono in piena estate, dunque a stagione turistica avviata, di prorogare l’affidamento alla Star. Dopo le delibere di giunta Franco Barone, dirigente Affari generali a Linguaglossa, firma una «proroga tecnica» del contratto che, allora, comprendeva anche la gestione della piscina comunale, alle stesse condizioni del 1999: un canone di 6 milioni e 600mila lire, al cambio poche migliaia di euro. Barone, ai domiciliari, è l’uomo che viene definito nelle intercettazioni «l’asso di mazze» del monopolio. Il giudice delle indagini preliminari non ravvisa in quell’episodio gravi indizi di colpevolezza, ma puntualizza che quella proroga risultava «evitabile e illegittima perché concessa fuori dai casi eccezionali» di legge. 

Un ulteriore spettro aleggia, dunque, su quelle procedure poi
bocciate dall’Autorità Antitrust nel parere del 2016. Procedure emergenziali – avviate dal 2013 in poi sempre quando l’estate era alle porte –  e criteri restrittivi non facevano il gioco del libero mercato, ricorda la tesi del garante, vista la naturale posizione di forza del gruppo monopolista Russo Morosoli. Il 2014 e il 2015 diventano poi cruciali. In quegli anni le amministrazioni fanno votare ai Consigli una concessione quindicennale della strada sul modello del passato – su trenta consiglieri, soltanto tre votanti dicono no: Alfio Conti e Angelo Scuderi a Castiglione, Salvo Rinaldi a Linguaglossa – e, nelle more dell’iter, fanno ricorso a concessioni stagionali della strada a evidenza pubblica. Ma con le buste del 2014 si consuma un clamoroso bluff che, secondo chi lo attuò, avrebbe avuto il merito di fare chiarezza: l’Etna fruttava molto più di sei milioni di lire. La Star si aggiudica quell’appalto offrendo per la prima volta 125mila euro. Allo stesso tavolo c’era però un concorrente: una cordata di imprese locali, guidata dall’Etna Alcantara escursioni, partecipa all’evidenza pubblica ma nella busta mette solo un centesimo. Forse senza la concorrenza, si disse allora, i Comuni non avrebbero incassato così tanto.

Nel 2015 partecipa al bando – varato ancora a estate iniziata – solo la
Star, mentre è nel 2016 che, secondo l’accusa, si sarebbe realizzata l’esclusione «pretestuosa e dolosamente finalizzata a favorire la Star» dell’Hotel d’Orange srl. L’impresa di Francavilla, così come Russo Morosoli, formalizza il 16 giugno un’offerta per la concessione provvisoria ma Franco Barone la stralcia perché, fra l’altro, l’azienda non avrebbe avuto una finalità coerente con i trasporti in jeep. I magistrati giudicano la scelta del funzionario infondata, e riportano poi la testimonianza di Giuseppe Savoca, uno dei soci dell’hotel: «Attendevamo l’ultimo minuto per presentare l’offerta (..) e durante la presa in carico è arrivata una telefonata e l’impiegato (Barone) proferiva (..) ‘stanno protocollando adesso’». Savoca poi racconta: «Dopo neanche un minuto ha fatto ingresso Simone Lo Grasso – fedelissimo di Russo, ora ai domiciliari – con la busta della Star».

Chiuderebbe il cerchio una conversazione del 2018 fra Russo Morosoli e suoi uomini che, secondo l’accusa, confermerebbe che anche il bando 2016 fu taroccato grazie a Barone. Il re della funivia parla di «una piccola preoccupazione» commentando, con Lo Grasso e il braccio destro Salvo Di Franco, l’ipotesi di un’indagine in corso su quell’appalto: «Perché i nostri uomini ce li avevamo..eh..le nostre cose».


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