MOLTHENI “Splendore Terrore” (2005)
Comincia con un debole balbettio di wurlitzer il prologo “Gli occhi di Mara Cagol”, primo respiro di Splendore Terrore.
Il ritorno di Umberto Giardini, in arte Moltheni, lascia senza fiato. Un lavoro dolcemente oscuro, caldo nella sua freddezza, vivo in battiti affannati. Messo su in una manciata di giorni, sfoggia occhiaie di notti in bianco ma anche pupille luccicanti di intima commozione.
Moltheni sfiora la sua chitarra acustica e la sua voce triste, gli fanno compagnia solo pochi altri altri strumenti, alcuni dalla presenza timida (batteria, wurlitzer), altri davvero appena accennati (pianoforte).
Tra le note si riconosce il languore del Nick Drake di Pink Moon, in quel minimalismo dolce ed addormentato, ma anche quella voglia di vivere bastonata, randagia, amareggiata e forse sconsolata. Il cantautore marchigiano riesce ad ammorbidire pensieri e sonno nell’ascoltatore e lo fa con l’emozionante scelta di brani strumentali ora affidati ad una leggera elettronica (“Gli occhi di Mara Cagol”), ora ad una chitarra morbidissima (“Bue”), ora ad entrambe le componenti (“Tutta la bellezza dell’istinto materno degli animali”).
43 minuti di musica silenziosa, notturna, affascinante, sincera, mai invadente. 43 minuti delle notti di Moltheni, cosi’, introspettive, pensierose, pessimiste, ispirate, ma soprattutto con un gran desiderio di pace.
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