Ministro Alfano su mafia a Palazzo degli elefanti Risposta di tre minuti e tutto rinviato alla procura

Tre minuti. Sono quelli che ha usato il ministro dell’Interno Angelino Alfano per liquidare l’interrogazione dei deputati Cinque stelle Giulia Grillo e Riccardo Nuti. Al centro dei quesiti sottoposti dai due parlamentari siciliani all’esponente del governo Renzi sono finiti l’affare Pua alla Playa di Catanial’intercettazione del 2013 tra l’attuale sindaco di Catania Enzo Bianco e l’imprenditore monopolista dell’informazione Mario Ciancio Sanfilippo e per ultima la relazione della commissione regionale antimafia sul peso di Cosa nostra tra i banchi del consiglio comunale cittadino.

Tre vicenda spigolose che Alfano ha rimandato a ulteriori approfondimenti che dovrebbero essere effettuati dagli uffici della prefettura etnea e dalla procura. «Per quanto riguarda il Pua – ha spiegato il ministro agrigentino -, si procederà a ulteriori verifiche per valutare la presenza di elementi ostativi». Il riferimento è alla società Stella polare srl, che dovrebbe curare la realizzazione dell’opera, e al suo vertice: l’imprenditore veneto Renzo Bissoli, condannato in primo grado a sette anni per bancarotta fraudolenta. Dietro l’affare da 300 milioni di euro pesano le ombre di Cosa nostra e della speculazione edilizia. Fino al 2008 i soci dell’impresario sono i due catanesi Salvatore Modica e Francesco Strano, che per gli investigatori sono vicini alla criminalità organizzata etnea

Sul fronte opposto si ritaglia il suo spazio Mario Ciancio, l’editore ed ex direttore del quotidiano La Sicilia, proprietario di una vasta area di terreni interessata dal progetto. Nel 2013, all’indomani dell’approvazione in Consiglio del progetto, la sua voce viene registrata durante un’intercettazione con l’allora candidato a sindaco della città Enzo Bianco. Dietro il dialogo, finito nelle carte dell’inchiesta per concorso esterno alla mafia di Ciancio, si celerebbe, secondo gli inquirenti, la serietà dell’attuale primo cittadino nei confronti di un presunto impegno assunto in passato

Risposta rimandata, da parte di Alfano, anche per quanto riguarda la richiesta dei deputati pentastellati di nominare un commissione d’accesso agli atti di Palazzo degli elefanti. Un’eventualità sottoposta all’analisi del titolare del Viminale – e anche alla prefetta Maria Guia Federico dal deputato Claudio Fava -, dopo l’attività ispettiva della commissione regionale antimafia. L’organo regionale, presieduto da Nello Musumeci, ha messo nero su bianco i nomi di sette consiglieri comunali e di un presidente di municipalità. Sulle spalle dei quali, seppure con criteri diversi, pesano parentele con esponenti di Cosa nostra, modalità di reperimento dei consensi elettorali nei quartieri popolari ma anche alcuni affari. «I fatti verranno approfonditi – replica Alfano – sotto ogni elemento. Solo quando ci sarà un quadro determinato e preciso si potrà procedere all’eventuale nomina della commissione d’accesso».

«Non avevamo dubbi sulla sua risposta – spiega Giulia Grillo in aula -, ci aspettavamo un atto di responsabilità nei confronti della cittadinanza di Catania. La storia di Stella polare – prosegue – non può essere liquidata con una semplice frase». Il richiamo fatto durante la controreplica è anche all’imprenditore Mariano Incarbone. L’ex finanziatore di Raffaele Lombardo, attualmente condannato in Appello per mafia nel processo Iblis. L’uomo, originario di Enna, in passato era legato in ambito lavorativo proprio con Renzo Bissoli. In serata è arrivato il commento di Rosario D’Agata, assessore alla Legalità della giunta Bianco: «È sotto gli occhi di tutti come Catania venga utilizzata dal M5s come arma di distrazione di massa – si legge in una nota stampa -, utilizzata per coprire i seri problemi nati nel movimento di Grillo dopo i fatti di Quarto».


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