Saul Caia e Rosario Sardella, giornalisti freelance siciliani, sono partiti dai racconti dei residenti delle zone di Caltanissetta, Agrigento ed Enna. Per ripercorre il filo dei via vai di camion sospetti dopo che i siti di estrazione erano ormai chiusi da anni e l'alto tasso di tumori nella zona nonostante l'assenza di industrie. In mezzo, inchieste giudiziarie, intrecci politico-mafiosi e nessun controllo. La loro videoinchiesta, finalista al premio Morrione 2012, verrà trasmessa stasera, alle 20.40 su Rai News 24 e in diretta streaming su Rai.tv
Miniere siciliane, dalla ricchezza alla mafia Lo smaltimento illecito di rifiuti in un video
«Gli abitanti raccontano di un via vai di camion, piccoli e grandi. Nessuno sa cosa trasportino, ma tutti li vedono dirigersi alle ex miniere. Oggi chiuse e abbandonate». Saul Caia, insieme a Rosario Sardella, è l’autore di Miniere di Stato, videoinchiesta che andrà in onda stasera su Rai News 24 alle 20.40 sul canale 48 del digitale terrestre e in diretta streaming sul portale Rai.tv e che racconta di quel che resta delle circa 800 miniere siciliane, per lo più nelle province di Caltanissetta, Enna ed Agrigento. Un tempo fonte di ricchezza per l’isola, dagli anni ’90 considerate il punto nevralgico per lo smaltimento illecito di rifiuti, anche radioattivi. «Impossibile dire con precisione che tipo di rifiuti spiega Caia, giornalista freelance siracusano ma residente a Catania Nonostante i racconti passino di bocca in bocca tra gli abitanti, nessuno è mai andato effettivamente a controllare». Sulla questione, le procure di Palermo e Caltagirone hanno aperto delle inchieste. «L’Arpa (Agenzia Regionale Protezione Ambiente ndr) ammette di aver rilevato un alto tasso radioattività nelle zone, ma di non essere riuscita a capire se derivi dal potassio presente o da qualcosa che c’è sotto il terreno». Nessuno si è mai avvicinato abbastanza da scoprirlo. Ma in filigrana si legge una storia di misteri, criminalità organizzata e intrecci politici che i due giornalisti hanno cercato di condensare nei 25 minuti di videoinchiesta, selezionata tra i progetti finalisti al premio Morrione 2012 tra altri cento lavori.
«Siamo partiti da quelle che potevano sembrare leggende metropolitane racconta Caia Vicino alla miniera di Pasquasia, in provincia di Enna, gli abitanti raccontano di aver visto in questi anni diversi camion dirigersi alle miniere, nonostante queste fossero ferme». Il contenuto dei mezzi è ignoto, ma tutti vociferano di rifiuti smaltiti illegalmente. Una prima ricerca on line conferma le voci e spiega come la criminalità organizzata, tramite eventuali ditte compiacenti, non abbia scoperto proprio nulla: «Già degli studi Enea degli anni ’80 indicavano Pasquasia come possibile sito naturale tra i 170 adatti allo smaltimento di scorie radioattive. Poco dopo, nel 1992, quella che era la miniera più produttiva d’Europa chiude improvvisamente, senza motivo». Da quel momento iniziano i via vai sospetti. E non va meglio alla miniera Bosco Palo, vicino a Serradifalco, nel Nisseno, dove i due giornalisti fanno anche un importante ritrovamento. «Anche qui gli abitanti raccontavano di camion che si dirigevano verso una villetta appena fuori dalla miniera, oggi abbandonata e diroccata», racconta Caia. Quando i due cronisti entrano, trovano le stanze spoglie, senza mobili, forse rubati, ma diversi documenti sparsi per terra. «Quasi un libro contabile di una società attiva fino al ’94 che, invece di smaltire i rifiuti a Forlì come dichiarato, li interrava lì, a Bosco Palo». Documenti subito consegnati alla procura di Caltanissetta, che intanto aveva aperto un’indagine.
Impossibile, dopo tanti anni, risalire ai possibili responsabili. Gli eventuali reati ambientali sarebbero oggi prescritti. Eppure degli interessi di Cosa nostra nel traffico illecito di rifiuti, ricordano i giornalisti nella videoinchiesta, aveva già raccontato il collaboratore di giustizia Leonardo Messina al giudice Paolo Borsellino. «Secondo Messina, dentro la miniera i boss si riunivano e nascondevano armi e scorie», spiega il giornalista. Oggi, però, le risposte giudiziarie potrebbe comunque servire alla popolazione. Che da anni denuncia un aumento anomalo dei fenomeni tumorali e non solo. «Nella parte nord di Caltanissetta il registro tumori esiste da solo un anno dice Caia ma i responsabili ci hanno confermato un andamento anomalo delle malattie, anche rare, nonostante l’assenza di industrie». Una cosa è certa: la copertura delle miniere è in amianto e servirà una bonifica. La Procura, intanto, ha già sequestrato le aree. «Mi sembra impossibile perché molte gallerie sono già tappate ma, dopo la bonifica conclude Caia – se si avrà la forza economica per controllare all’interno delle miniere, si potrà verificare se davvero ci sono scorie e di che tipo».
[Foto di Duhangst]