Niko Pandetta e Filippo Zuccaro, noto come Andrea Zeta, sono accusati di minacce e diffamazione dopo un reportage pubblicato da questa testata a gennaio 2018. Oggi l'apertura del dibattimento e l'ammissione delle prove documentali
Minacce a MeridioNews, nuova udienza per neomelodici Guasto a stenotipia in aula, la giudice rinvia a novembre
Apertura del dibattimento e rinvio a una nuova udienza per un guasto all’impianto di fonoregistrazione in aula. In mezzo l’acquisizione delle prove documentali e la costituzione di due parti civili. Sono gli ultimi sviluppi del processo in cui Vincenzo Niko Pandetta e Filippo Zuccaro, meglio noto come Andrea Zeta, sono accusati dalla procura di Catania di minacce e diffamazione. I fatti in questione si sono verificati a inizio gennaio 2018, dopo la pubblicazione su MeridioNews del reportage Catania canta come Napoli. Nel video, incentrato sul panorama della musica neomelodica ai piedi dell’Etna, venivano citate le parentele dei due cantati neomelodici. Pandetta è nipote del capomafia ergastolano Salvatore Turi Cappello, mentre Zuccaro è figlio di Maurizio, sanguinario boss della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano.
Dopo la pubblicazione del reportage i due neomelodici, che nella vicenda sono difesi dagli avvocati Salvo Centorbi e Maria Chiaramonte, avevano puntato il dito contro il nostro giornale. Fastidio espresso con minacce e insulti, anche attraverso una diretta Facebook. Particolari che hanno spinto la cronista Luisa Santangelo, difesa dall’avvocato Goffredo D’Antona, e la direttrice di MeridioNews Claudia Campese, difesa dall’avvocato Sergio Ziccone, a denunciare i fatti alla polizia postale.
Nell’udienza di oggi la giudice monocratica ha accolto la costituzione come parti civili delle stesse persone offese. Via libera anche all’acquisizione delle prove documentali. Nello specifico post Facebook, dirette video anche alcuni file audio, inoltrati da Zuccaro alla posta privata Facebook di MeridioNews e agli account delle colleghe. La prossima udienza si terrà a novembre. In aula era presente una delegazione dell’Associazione antiestorsione di Catania.