Diffamazione e minacce. Sono queste le accuse ipotizzate dalla procura di Catania nei confronti di Niko Pandetta e Andrea Zeta, due noti cantanti neomelodici catanesi. I fatti si sono verificati a gennaio 2018, dopo la pubblicazione da parte di questa testata del mini-reportage Catania canta come Napoli. Un video nell’ambito del quale venivano citati due parenti eccellenti degli imputati: il boss detenuto al 41 bis Turi Cappello, zio di Pandetta, e il boss ergastolano Maurizio Zuccaro, padre di Zeta. Andrea Zeta, al secolo Filippo Zuccaro, nel frattempo è stato arrestato nell’ambito del blitz antimafia che da lui prende il nome. L’accusa nei suoi confronti è di associazione mafiosa: per gli investigatori, avrebbe gestito gli affari della famiglia Santapaola-Ercolano, assieme al fratello Rosario, sotto le direttive del boss detenuto nel carcere di Milano Opera.
Dopo la diffusione del video realizzato da una nostra cronista, i due avevano manifestato apertamente il proprio fastidio. Ai messaggi a questa testata si erano aggiunte dirette Facebook (con centinaia di migliaia di visualizzazioni e migliaia di condivisioni) condite di insulti e riferimenti alla «famiglia offesa». Fatti che avevano spinto questa testata a presentare una denuncia alla polizia postale. Il procuratore Rocco Liguori, disponendo la citazione in giudizio per i due, scrive che Vincenzo Pandetta e Filippo Zuccaro «con il medesimo disegno criminoso offendevano la reputazione» della giornalista Luisa Santangelo e della direttrice di MeridioNews Claudia Campese, e «minacciavano entrambe». «Siamo stati etichettati come mafiosi, figli di boss, nipoti di boss e provvederemo a questo – diceva Pandetta in una sua diretta Facebook – Ora vi prenderete tutte le vostre responsabilità per quello che scrivete […] Ci (vi, ndr) spacchiamo la testa». E Zeta rincarava la dose: «Spero di non incontrarvi mai, tanto riconosco i vostri volti tramite Facebook […] Vi auguro il peggio nella vita e sperate che non ti incontro mai».
Quando MeridioNews ha reso noto quanto accaduto, sono arrivate decine di attestazioni di solidarietà alla testata. Dall’Ordine dei giornalisti di Sicilia, passando per Articolo 21, l’Unione nazionale cronisti italiani Sicilia, il sindacato Fnsi e la sua diramazione locale Assostampa Sicilia che si auguravano «l’intervento di istituzioni e forze dell’ordine». E ancora il movimento politico Catania bene comune, l’associazione Asaec antiestorsione, il Gapa di San Cristoforo, le redazioni de I cordai e de I siciliani giovani, oltre che l’allora sindaco di Catania Enzo Bianco, il presidente della Regione Siciliana Nello Musumeci e tantissimi cittadini e colleghi. La prima udienza del processo è fissata per il 18 novembre 2019.
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