Migranti, ong si difendono dai sospetti sui soccorsi «Solo donazioni private e nessun rapporto coi libici»

«Attacchi privi di fondamento e soltanto dall’Italia». È forte la reazione di Sos Mediterranée, la ong italo-francese-tedesca che questa mattina ha tenuto – insieme con Medici senza frontiere – una conferenza stampa per commentare quelle che non esita a definire vere e proprie accuse. Il riferimento va alle dichiarazioni che da più parti, nelle ultime settimane, si sono registrate in merito alle ombre che si anniderebbero nelle operazioni umanitarie che da due anni l’associazione non governativa porta avanti a largo della Libia, prestando soccorso a migliaia di migranti

E se in un primo momento erano stati alcune trasmissioni – come Striscia la notizia – a portare l’attenzione sulle ong umanitarie, tra gli ultimi ad aver ammesso di volerci vedere chiaro è stato il capo della procura di Catania, Carmelo Zuccaro, che in occasione dell’audizione al comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’accordo di Schengen ha spiegato che i magistrati catanesi stanno acquisendo informazioni sulla questione, ma che non è stato ancora aperto alcun fascicolo. I dubbi principali riguardano le fonti di finanziamento di queste ong in seguito all’aumento di navi private che operano nel Mediterraneo e che, più o meno indirettamente, finirebbero anche per limitare «l’attività di contrasto degli organizzatori del traffico di migranti» in quanto con il loro intervento immediato vanificherebbero le «indagini sui facilitatori delle organizzazioni criminali».

«Gli attacchi subiti dalle ong nascono dall’Italia e continuano a diffondersi in Italia», commenta la responsabile italiana del progetto Valeria Calandra, aprendo l’incontro con i giornalisti che si è svolto a bordo della nave Aquarius. Negli stessi locali dove quotidianamente vengono accolti i migranti in difficoltà, prima di essere trasferiti sulla terraferma. «Questo è il luogo dove accogliamo mamme e bambini, può anche accadere che in uno spazio del genere ci siano anche 140 persone – ha spiegato la vicepresidente di Sos Mediterranée Sophie Beau -. Ogni giorno registriamo tragedie in mare, l’ultima è di poche ore fa. Negli ultimi 15 anni ci sono state 46mila vittime in mare». I numeri servono per porre l’attenzione su quello che, a detta della ong, dovrebbe essere il vero problema e che invece continuerebbe a essere tralasciato dalle istituzioni, Unione europea in testa. «Noi condanniamo l’incapacità dell’Ue a far fronte a questa crisi umanitaria – ha continuato -. Siamo nati nel 2015 e operiamo come network internazionale, con il 99 per cento di fondi che provengono da donatori privati. In Italia ce ne sono circa 200, mentre in Franca undicimila. Non abbiamo paura di alcun controllo anche da un punto di vista finanziario». 

Nel corso della conferenza, i responsabili della missione hanno ricordato cosa prevede la normativa. «La legge prevede l’obbligo del soccorso in mare e il cento per cento delle nostre attività è coordinato dalla centrale operativa della guardia costiera di Roma. Sono loro – spiegano – a stabilire quando e come rispondere a una richiesta di aiuto, così come quale dovrà essere il porto in cui sbarcare». Beau ha poi negato in maniera netta che la ong abbia mai avuto contatti diretti con la Libia. «Da lì non c’è mai arrivata alcuna richiesta di soccorso». Sulle parole di Zuccaro, Beau replica in maniera chiara: «Non abbiamo ricevuto nessuna richiesta di chiarimenti da autorità italiane. Le ong aumentano? È un fatto legato alla stagionalità e all’aumento delle esigenze. Siamo contenti che ci siano altre ong con cui collaborare. I mezzi in mare non sono ancora sufficienti».

Infine, un’ultima battuta legata all’operazione di contrasto delle attività dei trafficanti. «La nostra missione è quella di salvare le persone che rischiano di morire – commenta un membro del personale -. Tuttavia, ogni volta che soccorriamo un gommone ci occupiamo noi stessi di affondarlo, in modo che non possa venire riutilizzato. E nel caso dei barconi di legno li segnaliamo alle navi militari che poi si occupano della loro distruzione».


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