Migranti, il viaggio in solitaria di tre bambini amici Testimone: «Affogati mamma e figlio di due anni»

Sulla banchina del molo di Pozzallo si sono ritrovati ancora una volta insieme: un bimbo di otto anni e due di 13, tutti eritrei. Per loro è stata l’ultima tappa di un viaggio partito dal loro Paese e che ha attraversato l’Africa e il Mediterraneo. Un viaggio che hanno affrontato da soli. Al gruppetto si è aggiunto un altro ragazzino, anche lui di 13 anni e pure lui eritreo, che hanno conosciuto in Libia. Partiti bambini e arrivati già adulti. Uno di loro – come ricostruito dagli operatori di Save the Children sul posto – ha lasciato casa quasi cinque anni fa e solo adesso è riuscito a raggiungere l’Europa. Non hanno parlato di violenze e sarebbero riusciti a completare il viaggio grazie al sostegno economico dei genitori rimasti in Eritrea. Partiti da città diverse, si sono conosciuti in un campo in Etiopia e da lì non si sono più separati.

Fanno parte dei 509 migranti che due giorni fa sono arrivati nel porto ragusano a bordo della nave Diciotti della Guardia costiera italiana, soccorsi in diversi interventi. Tra loro ci sono anche i 41 superstiti salvati dalla nave militare statunitense Trenton il 12 giugno e rimasti per una settimana in mare in attesa che il governo italiano desse il via libera per il porto dove sbarcare. Alla fine sono stati trasferiti sulla Diciotti, che ha portato a Pozzallo pure il cadavere di un uomo nigeriano, che sarebbe morto per annegamento.

Molti dei 41 della Trenton sono sotto choc. «Non vogliono parlare, alle domande si girano dall’altra parte, alcuni sembrano assenti e dicono di non ricordare nulla», racconta Giovanna di Benedetto, di Save the children. Due gemelle nigeriane 19enni hanno invece affidato i loro terribili ricordi agli operatori di Medu (Medici per i diritti umani) e Intersos (l’associazione umanitaria italiana che insieme a Unicef offre il primo sostegno sulle navi della Guardia costiera e nei porti). «Hanno raccontato del gommone che si è spezzato in due – spiega a MeridioNews Stefania Pagliazzo, psicologa di Medu – hanno visto morire una loro amica, che loro chiamano sorella, e un’altra immagine che non riescono a togliersi dalla testa è quella di una mamma con in braccio il suo bambino di due anni che non ce l’ha fatta». Stando alle testimonianze raccolte nelle ultime 24 ore, su quel gommone viaggiavano 117 persone, ne sono state salvate 41, i morti sarebbero quindi 76. 

L’attesa di chi ce l’ha fatta – rimasto in mare per due ore, aggrappato ai pezzi del gommone e ai cadaveri – si è prolungata per giorni, a causa della mancata risposta del governo italiano sul porto di destinazione. «Questo ha sicuramente peggiorato la loro condizione – continua Pagliazzo – appaiono molto provati fisicamente e ci sono alte probabilità che manifesteranno un vissuto post traumatico. Mi auguro, e dovrebbe essere così, che vengano trasferiti in Centri di assistenza vicini, in modo che possiamo continuare a prenderci cura di loro».

Nel totale di 509 migranti, di cui 71 donne; 118 sono minori, di cui 102 non accompagnati e 16 con parenti. L’hotspot di Pozzallo, dove sono stati trasferiti nell’immediatezza, è oltre la capienza massima, ma stamattina sono cominciati i primi trasferimenti verso le Regioni del Nord Italia.


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