Nel porto siciliano approderà la nave Prudence di Medici senza frontiere. Intanto il direttore generale della nota ong, Arjan Hehenkamp, dichiara che a mettersi in mare spesso sono anche persone che da tempo vivono in Libia: «Sono le gang che decidono della vita di queste persone. Danno loro la caccia perché valgono denaro»
Migranti, domani sbarcheranno in 295 a Trapani Bimbo trasferito d’urgenza in elicottero a Malta
Previsto un nuovo sbarco di migranti domani mattina a Trapani. Nel porto del capoluogo attraccherà la nave Prudence di Medici senza frontiere, che ha recuperato 295 persone in diverse operazioni nel Canale di Sicilia. A bordo si trovava anche un bambino di due anni, che è stato trasferito d’urgenza a Malta per esigenze mediche. Ad accompagnare il piccolo anche il padre e il fratello.
Intanto, il direttore generale di Medici senza frontiere, Arjan Hehenkamp, oggi ha riaperto il dibattito sui soccorsi in mare. In queste settimane, le ong private che operano nel Mediterraneo sono state al centro dell’attenzione per i contorni poco chiari entro cui lavorerebbero. Specialmente per quanto riguarda gli interventi in acque internazionali. C’è anche chi – come la procura di Catania – ha avviato un’indagine conoscitiva senza ipotesi di reato per approfondire il fenomeno e cercare di capire anche da dove provengono le fonti di finanziamento a cui attingono le ong per svolgere le proprie missioni. Dal canto suo, Hehenkamp ha dichiarato che buona parte di chi viene salvato racconta di essere praticamente obbligato a mettersi in mare: «Il 40 per cento delle persone salvate dai barconi ci dicono che sono state costrette a salirvi», ha detto il direttore di Msf all’Associazione stampa estera di Roma.
Tra chi si imbarca ci sarebbero non solo migranti, ma anche persone che da tempo vivono in Libia. «Danno loro la caccia perché valgono denaro, rappresentano merce di scambio – prosegue Hehenkamp -. Sono le gang che decidono della vita di queste persone». E sul lavoro delle forze dell’ordine del paese nordafricano: «La guardia costiera libica non ha il controllo totale delle barche e del personale, perché molti hanno paura di bloccare i trafficanti per le ripercussioni sulle loro famiglie», conclude Hehenkamp.