Migranti, Lorefice: «Ue non può costruire muri» Saura, separata dal figlio per un’incomprensione

«Attribuire al terrorismo il nome di Dio significa tradire il nome di Dio. Dobbiamo creare la cultura dell’accoglienza. L’Europa deve tirare fuori tutto il suo orgoglio, la sua tradizione culturale non può essere sopraffatta dalla paura e L’Europa non può pensare di liberarsi di un problema costruendo muri. Dall’Europa deve arrivare un messaggio, quello di restare umani. Abbiamo tutti un unico cuore se rimaniamo sulla stessa zattera della solidarietà». È l’appello lanciato dall’arcivescovo di Palermo, don Corrado Lorefice durante il seminario formativo dell’ordine dei giornalisti di Sicilia intitolato Migrazione e Comunicazione: i media raccontano l’uomo, organizzato alla Curia di Palermo. 

All’evento sono intervenuti anche il presidente dell’ordine dei giornalisti di Sicilia, Riccardo Arena, il vicedirettore della Caritas diocesana, Mario Sedia, il medico Mario Affronti, esperto di medicina delle migrazioni e direttore di Migrantes, e i giornalisti Alessandra Turrisi e Davide Camarrone. Nel corso dell’incontro sono state ricordate le ultime drammatiche cifre fornite dalla prefettura, oltre 26mila migranti solo a Palermo, di cui 2.066 minori non accompagnati. In particolare, dall’1 gennaio al 19 dicembre si sono registrati 20 sbarchi che hanno condotto nel capoluogo siciliano 15.211 persone. Numeri in crescita rispetto allo scorso anno, quando gli sbarchi erano stati 21 con l’arrivo di 11.289 migranti. Un crescendo al quale si rischia pericolosamente di abituarsi.

E tra le storie drammatiche di separazioni forzate dovute agli sbarchi sulle nostre coste c’è quella di una giovane somala, Saura, raccontata dalla giornalista Alessandra Turrisi. Saura è una 26enne ospite della comunità di Biagio Conte chiusa in un silenzio impenetrabile, parzialmente interrotto grazie all’intervento di altri connazionali in grado di comprendere frammenti della sua lingua Sawda dalla quale si apprende di un neonato, il suo, che non è più con lei ma che non risulta a nessun operatore dal momento del suo arrivo. Dal piccolo, Samir, che oggi ha quasi 4 anni, la donna è stata separata per una serie di equivoci dovuti all’assenza di un mediatore culturale in grado di comprendere il suo idioma. 

«Partorisce al San Giovanni di Dio di Agrigento il 24 aprile 2013 – racconta Turrisi – madre e figlio vengono inviati al Cara di Mineo ma per problemi di salute Saura viene di nuovo ricoverata, e il neonato affidato a una casa di accoglienza per minori. Una volta dimessa si agita, non vedendo il suo bambino e i suoi atteggiamenti fanno pensare a una fuga e a istinti suicidi. Nessuno la capisce e viene ricoverata in tso a Sciacca. Il tribunale per i minori di Palermo conosce la sua storia dai giornali e allora si iniziano ad affrontare i vari errori burocratici che avevano impedito il ricongiungimento naturale, che arriva nel 2014». Ottenuto lo status di rifugiato, la decisione di partire, finalmente insieme, per la Germania. «Storie come queste non possono lasciarci indifferenti», ha commentato Lorefice.


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