Migranti, a Siracusa fogli di via a cento marocchini Un nuovo centro per i respingimenti anche in Sicilia

Cento migranti di origini marocchine raggiunti da decreto di respingimento. Sono arrivati ad Augusta cinque giorni fa, lo scorso 6 febbraio, perché «non in regola con la normativa riguardante l’ingresso di stranieri nel nostro Paese». Sono destinatari di un provvedimento di respingimento da parte della Questura di Siracusa. Come prevede attualmente la legge, hanno ricevuto un foglio di via, l’ordine di lasciare il territorio nazionale entro sette giorni. Per loro si apre quindi un limbo. Nel caso in cui, al termine del tempo concesso, saranno nuovamente fermati in Italia, dovrannp essere trasferiti nei Centri di identificazione ed espulsione. 

Un iter che non ha quasi mai funzionato e che, stando alle novità annunciate dal governo Gentiloni ieri, in futuro potrebbe cambiare, almeno formalmente. Il ministro dell’Interno Marco Minniti ha presentato un disegno di legge – ancora una bozza non definitiva – che mira a cambiare le regole sull’immigrazione. Il documento, studiato insieme agli uffici del dicastero alla Giustizia, prevede alcune novità che interesseranno inevitabilmente anche la Sicilia. A cominciare dall’apertura dei Centri permanenti per il rimpatrio, «uno per ogni Regione», ha sottolineato Minniti. Ma non è chiaro se in Sicilia questa struttura sostituirà uno dei centri di identificazione esistenti o se si aggiungerà ad essi. In totale dovrebbero essere garantiti 1.600 posti in tutta Italia e, nelle intenzioni del governo, dovrebbero sorgere fuori dai centri urbani e vicino ad infrastrutture di trasporto. 

Il ministro ha annunciato che i nuovi centri saranno «diversi dai Cie, in cui spesso – ammette – c’era violazione dei diritti. Per evitare problemi stabiliamo che ci siano poteri d’inchiesta da pare del garante dei diritti dei detenuti». Ma non è chiaro cosa cambierà rispetto all’attuale situazione dei centri di identificazione. Si cerca poi di affrontare uno dei nodi irrisolti: cioè l’espulsione effettiva dei migranti non regolari, andando oltre il foglio di via. Nella bozza del provvedimento si stanziano a favore del ministero dell’Interno 19,1 milioni di euro nel 2017 per «garantire l’esecuzione delle procedure di espulsione, respingimento o allontanamento. Non c’è politica d’accoglienza vera senza i rimpatri – dice il ministro – chi non è regolare deve essere rimpatriato nel paese di provenienza. Non ci accontentiamo del foglio di via». Sempre nella bozza del testo è previsto il rilevamento delle impronte non solo per chi arriva via mare, ma anche per gli irregolari rintracciati sul territorio. E chi rifiuta può essere trattenuto in un centro per un periodo di 30 giorni massimo. Il testo non definitivo, infine, prevede la possibilità «in casi eccezionali» di affondare i barconi usati per il trasporto dei migranti da parte dei comandanti delle navi che operano per il soccorso. 

C’è infine una novità importante per le procedure per le richieste di asilo. Nel caso in cui venisse bocciata la richiesta, il migrante, tramite il suo legale, non potrà ricorrere in Appello, ma direttamente in Cassazione. L’obiettivo è ridurre i tempi per il riconoscimento dello status di rifugiato e rimandare a casa chi non può rimanere in Italia. Per fare questo da una parte si prevede anche la creazione di sezioni specializzate nell’asilo in 14 tribunali ordinari (Bari, Bologna, Brescia, Cagliari, Catania, Catanzaro, Firenze, Lecce, Milano, Palermo, Roma, Napoli, Torino e Venezia), e dall’altra l’assunzione straordinaria di 250 specialisti (10,2 milioni di euro l’anno la spesa prevista) per rafforzare le commissioni di esame. 

Critiche le prime reazioni delle associazioni che si occupano di migranti. «Non c’è bisogno in questo momento di un decreto centrato sulla sicurezza – commenta monsignor Giancarlo Perego, il direttore generale della Fondazione Migrantes, promossa dalla Cei -. Si tratta di misure urgenti assolutamente deludenti che non rispondono all’esigenza reale di un territorio che chiede non sicurezza in più, ma misure in più per percorsi di integrazione e valorizzazione». Secondo il rappresentante della Fondazione Migrtantes servirebbero piuttosto «un permesso di protezione umanitaria, maggiore attenzione ai più fragili, ai minori non accompagnati, alle vittime di tratta un decreto sul servizio civile e la valorizzazione di risorse giovanili già presenti sul territorio. Il nuovo decreto – aggiunge – rischia inoltre di far percepire ancora di più il migrante come una persona da cui difendersi». 

Per il Centro Astalli «lavori socialmente utili, hot spot, Cie sono misure volte più a mostrare un efficientismo politico che a gestire in maniera seria e lungimirante un fenomeno complesso che potrebbe avere effetti e ricadute positive nella nostra società. Si è molto concentrati – afferma il presidente padre Camillo Ripamonti – sul velocizzare espulsioni e rimpatri di chi soggiorna illegalmente ma non si affronta il tema principale: le quote di ingresso dei lavoratori migranti non vengono attivate ormai da diversi anni. Non esistono vie legali per arrivare a chiedere asilo in sicurezza. Queste sono le principali urgenze da affrontare, ormai da tempo. Oggi in Italia per i migranti non c’è modo di entrare legalmente né per lavorare né per chiedere protezione da guerre e persecuzioni». 

Redazione

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