Di sicuro l’unico che si diverte è lui. Nella complicata vicenda di Mezzojuso, che ha portato al recente scioglimento del Comune palermitano, il generale dei carabinieri in pensione Nicolò Sergio Gebbia sembra davvero, come detto più volte, un personaggio “sciasciano”: chissà se allo scrittore di Racalmuto sarebbe piaciuto quest’uomo con la passione per i gialli (il suo libro Accadde a Malta ha le prefazioni di Giulietto Chiesa e Diego Fusaro) che da più di un anno è entrato a gamba tesa nella vicenda delle sorelle Napoli, e che si è contraddistinto, appunto, per i suoi scritti che secondo la prefettura di Palermo danno «la misura di un livore espresso nei riguardi delle istituzioni dello Stato, oltre che dell’informazione, tanto più inconcepibile e grave perché proveniente da un ex ufficiale dell’arma dei carabinieri».
Come poteva rispondere, l’ex generale, se non attraverso un altro scritto? Così, sul blog personale che ha sulla rivista online Themis&Metis, Gebbia prima dà lezioni di ironia e sarcasmo per poi, riprendendo la scolastica citazione di Alessandro Manzoni, rivolgersi ai suoi 25 lettori: «Se voi rileggete con attenzione tutti gli articoli che ho dedicato alla soap opera The Napoli Sisters vi accorgerete che nel primo, in assoluto, mi propongo addirittura come loro fattore, per sanare le irregolarità (eufemismo) che la distratta magistratura di Termini Imerese ha trascurato e per assumere personale che coltivi il loro (?) feudo ricevendo la paga sindacale e i contributi previdenziali».
Gli articoli del grande accusatore delle sorelle Napoli vengono invece presi sul serio dalla relazione prefettizia, che dedica ad essi una decina di pagine delle 239 totali che hanno portato allo scioglimento della giunta Giardina, di cui Gebbia ha fatto parte per sei mesi – dal 31 dicembre 2018 al 5 giugno 2019 (il giorno in cui a Mezzojuso si sono insediati gli ispettori voluti dal Viminale). La prefettura ricorda innanzitutto che l’ex generale dall’1 maggio 2017 ha aderito all’associazione Themis&Metis, sul cui sito il 20 dicembre 2018 (quindi pochi giorni prima della nomina ad assessore alla Cultura e alla Pubblica Istruzione) fa pubblicare il «primo di una lunga serie di scritti che si inserivano nella vicenda che ha contrapposto le sorelle Napoli all’amministrazione comunale e al sindaco Giardina, nel quale dichiara di avere appreso durante la sua carriera che il capomafia del paese fosse un Napoli con figlie femmine, con chiaro riferimento al padre delle Napoli».
Da allora Gebbia ci prende gusto, e scrive in maniera continua sulle vicende di Mezzojuso. Ne ha per tutti e tutte. A partire dal grande nemico Massimo Giletti, il «guitto piemontese» che «non essendo riuscito a colpire direttamente la Regione Siciliana, da quel vile che è ha pensato di togliersi la soddisfazione di far commissariare un piccolo Comune siciliano. L’antica frequentazione con l’attuale prefetto di Palermo – scrive ancora Gebbia – gli è parsa di buon auspicio e le pieghe dell’industria principale che prospera in Sicilia, quella dell’antimafia, sempre alla ricerca di nuove vittime cui elargire i soldi di Roma, gli hanno consentito di cavalcare una reinvenzione della inesistente mafia dei pascoli per trasformare in icone di ogni luogo comune (la condizione femminile nel lavoro, l’isolamento dai propri compaesani ecc. ecc.) tre attrici di strada di grande presa sul pubblico più sprovveduto».
La trama, almeno per l’ex generale dei carabinieri, è chiara. «Le suddette attrici, degne epigone del neorealismo italiano di Ladri di biciclette e Zampano, col loro piagnucolamento spontaneo sono ormai diventate una risorsa inestinguibile dell’emittente – sostiene ancora Gebbia – Ma in penuria di materia prima bisogna darsi da fare, e dopo il provvidenziale incendio in favore di telecamere dell’automobile di Salvatore Battaglia, con la susseguente trasmissione strappalacrime in cui Giletti gliene regalava una nuova, ecco ora i tour delle associazioni antiracket che superano le loro divisioni interne con pellegrinaggi alla versione più moderna dell’albero Falcone, la piazza di Mezzojuso, con foto ricordo dietro lo striscione di solidarietà e omaggio floreale alle sorelle».
Per il militare dell’arma la soluzione è una sola: «Chiunque pensi di blandire Giletti per evitare il morso del cobra, rifletta sull’accaduto e sposi l’unica strategia vincente, respingerlo frontalmente, senza mai accettare di esserne ospite e senza mai consentire ai suoi ascari di esercitare il loro stalking». E infatti Gebbia, nonostante gli inviti, ha sempre scelto di disertare il programma di La7. Ma scegliendone di commentare i vari approfondimenti televisivi sul suo blog. «Avete notato che in studio è apparso Antonio Di Pietro solo dopo che Giletti aveva chiuso la pagina dedicata alle sorelle Napoli? – scrive un’altra volta Gebbia – Grande furberia del conduttore! Egli sa che il contadino di Montenero di Bisaccia, scarpe grosse e cervello fino, sull’argomento “sorelle Napoli” non è disposto ad unirsi al coro, perchè ha maturato opinioni diverse. Noi di Mezzojuso lo ringraziamo per questo e gli perdoniamo volentieri l’umana debolezza di accettare comunque gli inviti in studio».
E se a Rita Dalla Chiesa chiede se «nei decenni in Mediaset con Berlusconi non hai mai provato un momento di vergogna», l’ex generale sostiene che si tratta di una «vergogna seconda solo a quella di Claudio Fava, che continua a tenere segretati gli atti del caso Napoli». Più volte, nel corso del 2019, Gebbia usa un espediente retorico: ovvero finge di parlare di cucina per lanciare allusioni pesanti sui protagonisti delle vicende. Il militare con la passione per gli intrighi, in ogni caso, al colpo di fioretto preferisce la staffilata: «L’indagine della Procura di Termini Imerese che fece passare in galera il Natale del 2018 ed il Capodanno del 2019 a tre poveri diavoli accusati di volere scippare le loro terre alle famose sorelle Napoli, si chiama “Operazione Mai Più Sole”». La contestazione di Gebbia è che quella della procura, che ha portato all’arresto di tre persone (scarcertati poi qualche giorno dopo) con l’accusa di essere i presunti estorsori delle sorelle Napoli, sia in realtà un’indagine mediatica, sollecitata dalle attenzioni di un giornalista in particolare: «Per essere chiari, invece che “Operazione Mai Più Sole”, si dirà “Procedimento Giletti + X”».
Gli attacchi di Gebbia restano variegati. Più volte punta il dito sulla prefetta di Palermo Antonella De Miro («come successe al suo predecessore De Francesco, è convinta che sedere sulla poltrona che fu del signor Cesare Mori comporti l’obbligo di mostrare energicamente il potere del governo, trattando i cittadini di serie B, quali di fatto sempre sono stati considerati i siciliani, con particolare rigore, negando loro ogni diritto alla contestazione») e sul maresciallo dei carabinieri Pietro Saviano, reo a suo dire di essere come il capitano Bellodi de Il Giorno della civetta (dunque un personaggio di fantasia) e che «nella scala gerarchica degli ufficiali di polizia giudiziaria si trova mille leghe più in basso del vicequestore che dirige il commissariato di Corleone, e viene coinvolto ogni volta perchè è presso il suo comando di stazione che le sorelle Napoli presentano denuncia».
La provocazione più nota, in ogni caso, Gebbia se la riserva durante la conferenza stampa che si è tenuta a Palermo a gennaio del 2019. In quel caso l’allora assessore paragona le sorelle Napoli, in quanto presunte vittime di mafia, ai figli di Bernardo Provenzano. Un fatto condannato dalla relazione prefettizia anche perché l’accostamento arriva da colui che «già aveva espresso il suo rammarico per non avere potuto partecipare ai funerali di Provenzano vietati al pubblico dal questore di Palermo». Negli ultimi tempi, infine, Gebbia si accanisce, al limite dell’atteggiamento ossessivo, con Salvatore Battaglia – il giovane che, dopo aver fatto parte del comitato che era sorto per difendere il nome di Mezzojuso, ha scelto poi di schierarsi a sostegno delle sorelle Napoli. Per lui persino l’accusa di essersi inventato il rogo con il quale è stata bruciata la sua auto.
Veleni e controveleni, accuse e controaccuse che ancora oggi rendono l’aria di Mezzojuso irrespirabile. Con la prefettura che punta il dito, nelle motivazioni che hanno portato allo scioglimento del Comune, sulla scelta dell’ex amministrazione Giardina di approvare, lo scorso gennaio 2019 e all’unanimità, «l’iscrizione dell’ente pubblico all’associazione Themis&Metis, con il relativo pagamento della quota associativa». Un fatto che, insieme all’organizzazione di un incontro con i membri dell’associazione (e il pagamento delle relative spese di viaggio), spinge la prefettura di Palermo ad analizzare gli scritti di Gebbia perché questi «non possono considerarsi soltanto mere opinioni personali ma anche espressione condivida di una linea dell’intera amministrazione comunale».
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