Pino Lo Re è accusato di essere vicino al clan retto dai Rampulla. Coinvolto in numerose operazioni, è stato condannato in secondo grado a sette anni di carcere perché accusato di avere un ruolo di spicco nella consorteria, legata anche a Cosa nostra palermitana. All'uomo sono stati sequestrati due concessionarie di auto, un night club, sette immobili
Messina, sequestrati beni per un milione di euro Coinvolto imprenditore vicino alla famiglia di Mistretta
Un sequestro di beni per un valore di circa un milione e mezzo di euro è stato realizzato dalla sezione di Messina della Direzione investigativa antimafia. Al centro dell’operazione l’imprenditore Giuseppe Pino Lo Re, originario di Caronia e accusato di appartenere alla famiglia di Mistretta, egemone nella zona tirrenica-nebroidea della provincia messinese. Secondo gli inquirenti, il patrimonio sarebbe stato acquisito illecitamente; a insospettire le forze dell’ordine la forte disparità tra il reddito dichiarato e lo stile di vita condotto dall’uomo. A Pino Lo Re sono stati sequestrati due concessionarie di auto, un night club, sette immobili a Caronia, sei tra macchine e camion, oltre a diversi conti bancari. Tutti i beni erano intestati a prestanome e a componenti del nucleo familiare.
Lo Re – pluripregiudicato e sorvegliato speciale – è stato già coinvolto nell’operazione Barbarossa perché accusato di avere ruoli direttivi nella consorteria mafiosa collegata a Palermo. In primo grado è stato condannato a otto anni di reclusione, pena rideterminata in secondo grado a sette anni. L’imprenditore è finito nel mirino degli inquirenti anche in altre operazioni: Mare Nostrum, Charter, Icaro, Montagna. Nel 2012, in occasione dell’operazione Dolce vita, è stato destinatario di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere perché ritenuto responsabile assieme ad altre 13 persone di far parte di un’associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione. Già nel 2013 era stato oggetto di un sequestro di beni.
Lo Re sarebbe stato strettamente legato al capo clan Sebastiano Rampulla, morto nel 2010, e considerato esponente di spicco di Cosa nostra. I fratelli di Rampulla – Maria e Pietro – sono anche loro noti alle forze dell’ordine. Pietro Rampulla, in particolare, è stato condannato all’ergastolo perché accusato di aver confezionato la bomba e l’ordigno utilizzati nella strage di Capaci. Del legame tra Pino Lo Re e i membri del clan ne hanno parlato anche i collaboratori di giustizia Santo Lenzo e Carmelo Bisognano.