Messina, la giustizia fai da te del presunto capoclan I ladri chiedono scusa: «Pago e non lo farò mai più»

Convocati, redarguiti e in brevissimo tempo costretti a restituire quanto rubato. È stata la sorte di chi, non sapendo che dietro il business dei videoslot ci fosse Domenico La Valle, ha provato a rubare nelle macchinette sparse per Messina, per la provincia, ma anche nel Catanese. Furti per qualche migliaia di euro che hanno comportato, per i malviventi comuni, un rischio ben più importante: mettersi contro quello che, secondo gli inquirenti, è il capo del clan Mangialupi. 

«Non hanno capito niente, e se uno prima non gli fa male bene bene non lo capiscono! Perché gliel’hanno spiegato tre volte ancora, che a Messina siamo tre quelli che abbiamo le macchinette», spiega a uno dei suoi uomini fidati La Valle, su tutte le furie per un furto. L’ordinanza che illustra i dettagli dell’operazione Dominio racconta in particolare due episodi: uno verificatosi a Giarre, decisamente lontano da Messina eppure anche lì sarebbe arrivato il business di La Valle, e l’altro a Villafranca.

Il primo caso, nel Comune in provincia di Catania, riguarda l’agenzia di scommesse/ricevitoria lotto di Corso Italia 266, poco sopra la stazione ferroviaria. Un gruppetto sottrae al titolare, che in quel momento (è il 10 aprile del 2014) è Alfredo Sebastiano Fichera, 1.700 euro dai videoslot noleggiati dalla ditta individuale Scimone, secondo gli inquirenti in realtà gestita da La Valle. Fichera avrebbe riconosciuto i colpevoli dal sistema di videosorveglianza e, sapendo che si trattava di soggetti messinesi, anziché denunciare, chiama Scimone che immediatamente riferisce al capo. La Valle riconosce dai video due degli autori del colpo e li convoca, mettendoli in riga. Dicendogli di essersi assunto personalmente un obbligo morale con alcune persone di Giarre, che per gli inquirenti altri non sono che elementi della criminaltà organizzata del Comune ionico. «Ci dobbiamo muovere ragazzi, sono soldi – afferma La Valle -. Perché i mille e sette devono andare a Giarre. Ha un mese che faccio cattiva figura con le persone capisci? Fai cattiva figura perché dici: “ce la vediamo noi a Messina, messinesi sono. Ce la vediamo noi. Chiuso!”».

Il gip sottolinea come sia significativo che, «una volta appreso che gli apparecchi derubati in realtà appartenessero a La Valle, i responsabili manifestavano subito la loro disponibilità a restituire al più presto il maltolto impegnandosi a non ripetere in futuro analoghe azioni».

Stessa dinamica per due colpi messi a segno a danno del bar Caruso di Villafranca, per complessivi 1.300 euro. In particolare uno dei responsabili, Carmelo Bombaci, convocato alla presenza di La Valle e dei suoi uomini più fidati chiede scusa. «Faccio questo lavoro purtroppo, maledetto io, perchè gli amici non si toccano – ammette – e ora l’ho capito e non lo farò mai più. Ho sbagliato? Pago». E si dichiara pronto a ricevere la giusta punizione: «Pazienza, come con gli sbirri… sbagli? Ti arrestano. Qua sbagli? Ti fanno male».

La conoscenza degli affiliati del clan di Mangialupi è tale che La Valle riconosce gli autori di un furto a una tabaccheria di via Salandra dalle immagini di video sorveglianza e anche se gli stessi avevano il volto coperto. «Sì, ti dico tutti e quattro i nomi?». Si tratta di «Gino, il figlio di Santino, Lillo, il Puffo e ‘u Picciriddu». Anche in questo caso il denaro sottratto viene restituito dagli autori.


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Malviventi comuni rubano dei soldi dalle macchinette gestite da Domenico La Valle, non sapendo chi ci fosse dietro. Succede a Messina, a Giarre e a Villafranca. Immediatamente vengono individuati, convocati e redarguiti. «Faccio questo lavoro purtroppo, maledetto io, perchè gli amici non si toccano», ammette uno di loro

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