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Messina Denaro e la relazione ereditata con la maestra: «Peccato che il mondo non ti abbia compreso»

«Ti dico soltanto che è stato un gran peccato che il mondo non ti abbia compreso. Sei rimasto uomo nella sconfitta. Mi reputo fortunata a fare parte della tua vita e provo pena per chi non ha avuto o voluto questo privilegio». Si chiude così una delle ultime lettere che la maestra di scuola elementare Laura Bonafede scrive per il boss, allora ancora superlatitante, Matteo Messina Denaro. Prima indagata, poi sospesa, la donna oggi è stata arrestata. Nelle carte dell’inchiesta che ha portato all’applicazione della misura cautelare in carcere e a indagare anche la figlia Martina Gentile per lo stesso reato, è finita anche la fitta corrispondenza tra i due che, da anni, avrebbero avuto una relazione sentimentale. Lettere, pizzini e messaggi lasciati tra le pagine dei libri che precedevano e seguivano i loro appuntamenti fissi: quelli del sabato mattina alle 11 (unico giorno in cui la maestra non era impegnata a scuola in quell’orario) per un «incontro fugace», qualche volta anche solo uno sguardo o una parola comunicata utilizzando soltanto il labiale e quelli del lunedì dedicati allo scambio della corrispondenza clandestina.

L’ultimo incontro davanti all’affetta-formaggi

Sono le 11 di sabato 14 gennaio. Mancano due giorni all’arresto dell’ex primula rossa di Cosa nostra. L’appuntamento al supermercato Coop è stato fissato tramite un pizzino al cugino. Uno dei nomi in codice con cui Messina Denaro chiama Laura Bonafede, utilizzando il genere maschile. Lei trascina un piccolo carrello di plastica rossa tra gli scaffali dei reparti fino ad arrivare davanti al banco della salumeria dove c’è anche lui. Un appuntamento solo per guardarsi e scambiarsi giusto qualche battuta, senza particolari timori di essere notati o scoperti, in un contesto di apparente normalità. «Ci siamo visti da vicino e anche parlati. Mi avrai trovato invecchiato e stanco – scrive il boss appena rientrato a casa in una lettera da consegnare poi alla donna – A me ha fatto piacere vederti e parlarti, cercavo di tenere la situazione sotto controllo ma non ho visto niente di pericoloso, se no smettevo di parlarti. Certo, c’è da vedere cosa ha pensato l’affetta formaggi», conclude Messina Denaro.

Il legame ereditato

Quello tra l’ex superlatitante e la maestra è un legame che arriva da lontano. Un rapporto di «stima e fiducia legava i loro padri», Francesco Messina Denaro e Leonardo Bonafede. Storico boss di Campobello di Mazara che, fin dagli anni Novanta, avrebbe anche contribuito a coprire la latitanza di Messina Denaro senior e junior. È a quell’epoca che risale il primo contatto tra il boss e l’insegnante, come lei stessa ricorda in una lettera. «Mi fa piacere sentirti dire che non sono stato un errore, anzi tutt’altro […]. Ventisei anni fa ho chiesto di venirvi a trovare e mi è stato concesso. Non c’era motivo di quella visita ma forse si doveva aprire un capitolo e così fu. Dici bene, abbiamo letto quello che era scritto. La vita è strana, fa dei giri incredibili e poi ti porta dove vuole lei. Noi possiamo solo farci trascinare». In questo caso, la vita li ha portati entrambi in carcere. Trascinati dalla relazione intima che tra loro si è instaurata nel tempo.

«Il pericolo è il mio mestiere»

Chissà se in modo consapevole, Laura Bonafede cita un film giallo del 1975 diretto da Claude Makovski in una delle lunghe missive che recapita nel dicembre del 2022 al suo Depry (è così che chiama Messina Denaro). «Io rido in faccia al pericolo e il pericolo è il mio mestiere. Mi manca tutto, anche guardare un film assieme», scrive la donna che avrebbe in programma di trascorrere del tempo «in modo rilassato» con il boss latitante. Nello specifico, il film da guardare insieme sarebbe Il re leone. Dagli accertamenti, su uno dei dvd trovati nel covo di Messina Denaro è stata rinvenuta un’impronta digitale di Laura Bonafede. Qualche giorno dopo, c’è un’altra lettera in cui la donna ribadisce di non avere nessuna intenzione di troncare quella relazione. Proposito che il boss, però, avrebbe avuto al momento del ritorno di Bamby. Ovvero Salvatore Gentile, il marito di Bonafede (e padre di Martina) che è in carcere condannato all’ergastolo per due omicidi ordinati proprio da Messina Denaro. «Mi ero quasi offeso – dice la donna parlando di sé sempre al maschile – come se la nostra amicizia era per me una sorta di tappabuchi, un passatempo. Io da solo ci so stare benissimo. Penso che, nel bene o nel male, ci apparteniamo». Proprio per questo, di abbandonarlo non avrebbe nessuna intenzione: «Ne abbiamo già parlato una volta. Volevo, mentalmente, allontanarmi perché ho sofferto troppo. Non puoi nemmeno immaginare quello che ho provato. E dire che qualche reazione l’hai vista. Il non vederci più e il non avere notizie hanno fomentato la rabbia, la delusione. Vedi che io ti conosco e ti prego non ne voglio parlare, si risveglia il dolore – continua l’insegnante – Devo dirti allora che me lo hai chiesto tu se potevi fare un giro con Tramite?». Cioè con Lorena Lanceri, la moglie di Emanuele Bonafede che di Laura è primo cugino.

Un po’ di «sana gelosia»

Per sei giorni, la maestra non ha nessuna notizia del latitante che non si presenta nemmeno agli appuntamenti fissi. In un primo momento, si preoccupa possa essere per via di un peggioramento delle sue condizioni di salute. Poi, però, ammette di avere provato anche «un po’ di sana gelosia». Quando, passando davanti casa dei suoi cugini coniugi Bonafede, vede parcheggiata la macchina di Messina Denaro. «Ne avevo sentite tante su di te, anche troppe. Ma mai avrei pensato di poterti io conoscere, semplicemente non rientrava nei miei piani di vita, ancora più semplicemente non ci avevo mai pensato. Ad un tratto è accaduto che ti ho incontrato, oggi posso dire che ho conosciuto un uomo particolare, diverso se vuoi originale e unico sicuramente, ma non dirò come sei, è cosa mia come sei». In un bigliettino per il boss, la donna ammette addirittura di stare «diventando paranoico». Questo perché guardando un video di Lady Gaga «Pensavo: ma quanto ci somiglia un sacco a Depry». Del resto, si sa, la somiglianza è soggettiva.


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