«Quando ci siamo ritrovati di fronte ai due rami della trattativa guardavamo tutti con sospetto a Globo, non ritenendola solida finanziariamente, e invece il problema era Shernon Holding. Ma in ogni caso tutti gli ex dipendenti di Mercatone Uno hanno perso: noi siciliani abbiamo perso prima, gli altri hanno perso dopo». Il commento amaro di Manlio Mandalari, dirigente regionale della Filcams Cgil, giunge all’indomani del fallimento della Shernon Holding srl, che nell’agosto del 2018 aveva rilevato locali e dipendenti di Mercatone Uno – la catena italiana di ipermercati specializzata in arredamento ed elettrodomestici. Sabato 25 maggio Shernon ha fatto trovare chiusi 55 punti vendita, sorprendendo gli stessi 1800 addetti che non erano stati avvertiti e che si erano recati sul posto di lavoro come al solito, trovando però le serrande abbassate.
Una situazione che se non fosse tragica sarebbe paradossale. Ma che non sorprende i lavoratori siciliani, i quali invece nel 2018 erano già transitati da Mercatone Uno alla Cosmo spa e dunque alla Globo (che si occupa di abbigliamento e accessori). Un passaggio però non indolore, soprattutto nel Palermitano: il punto vendita di Carini ha chiuso, col conseguente licenziamento di 46 persone, mentre nel punto vendita del capoluogo siciliano, in via Ugo La Malfa, al cambio d’insegna sono stati mantenuti solo 28 lavoratori su 48. E tutti sono dovuti passare da un contratto full time a uno part time. Credevano di essere messi male, i palermitani. Ma forse, rispetto a ciò che è avvenuto negli scorsi giorni, sono stati quasi fortunati. «Ho sempre seguito la vicenda – afferma Mandalari – anche come delegato nazionale, cercando di salvare e salvaguardare i posti di lavoro dei tre punti vendita siciliani. Noi oggi siamo fuori dal fallimento di cui si parla, o meglio lo siamo parzialmente. Anche i termini contrattuali della nostra cessione, che è stata fatta al ribasso, sono figli di una cessione che ora il ministero vorrebbe e dovrebbe invalidare. Sono state mortificate la nostra anzianità e la nostra professionalità acquisite nel tempo. Tra noi c’è chi fa davvero fatica ad arrivare a fine mese. E c’è chi sta peggio di noi. Ovvero quelli che il lavoro lo hanno completamente perso, ieri e l’altro ieri».
La drammatica e complicata vicenda di Mercatone Uno è ora al centro delle attenzioni del governo nazionale. E da ciò vuole ripartire la Cgil. «Da ministro del Lavoro – aveva scritto in un post su Facebook il vicepremier Luigi Di Maio – non posso che essere preoccupato per la notizia della chiusura dei punti vendita Mercatone Uno in tutta Italia a causa del fallimento della Shernon Holding Srl. Ma non basta. Non è possibile che 1800 lavoratrici e lavoratori, oggi, in Italia, si ritrovino senza lavoro dal giorno alla notte e siano costretti a scoprirlo da un passaparola tra colleghi». Di Maio aveva poi scelto di anticipare al 27 maggio «il tavolo che servirà prima di tutto a salvaguardare i posti di lavoro dei dipendenti di Mercatone Uno, ma anche a fare chiarezza sulla responsabilità della proprietà nella loro gestione». Oggi pomeriggio ci sarà l’incontro al Mise con creditori e fornitori, con l’obiettivo immediato di avviare la cassa integrazione straordinaria (24 mesi) per i lavoratori.
«Quello che noi chiediamo – dice ancora Mandalari – è che nel sostegno promesso dal governo non debbano rientrare solo i 1800 lavoratori che dall’oggi al domani hanno perso il proprio posto di lavoro, ma anche i 66 palermitani che il posto di lavoro l’hanno perso l’anno scorso. Vorremmo poi che il ministro Di Maio tornasse anche su coloro che hanno dovuto accettare il ridimensionamento part-time, che ha significato il dimezzamento delle ore lavoro e dunque della busta paga. Anche questi lavoratori sono figli della procedura che ha portato al fallimento di Mercatone Uno. Visto che si vuole invalidare la procedura che ha portato alla cessione di Mercatone Uno allora vorremmo che si tornasse a parlare di tutti i lavoratori. Anche perché l’attenzione dei commissari straordinari e del ministero avrebbe dovuto essere alta, e invece così non è stato. Solo oggi si parla del fallimento, ma voglio ricordare che già nel 2007 denunciammo l’utilizzo dei primi contratti di solidarietà da parte dell’azienda, con la famiglia Cenci che già si era indebitata parecchio».
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