La prima sezione della Cassazione ha confermato la sentenza per il 53enne bracciante e vivaista Nicolò Girgenti imputato per l'omicidio (in concorso con ignoti) del maresciallo Silvio Mirarchi avvenuto la sera del 31 maggio del 2016
Marsala: uccise carabiniere, condannato all’ergastolo Il sopravvissuto: «Ci hanno sparato prima dell’alt»
La prima sezione della Cassazione ha confermato la sentenza con cui, il 2 marzo del 2020, la Corte d’assise d’appello di Palermo aveva condannato all’ergastolo il 53enne bracciante e vivaista di Marsala Nicolò Girgenti imputato per l’omicidio (in concorso con ignoti) del maresciallo dei carabinieri Silvio Mirarchi, ferito a morte con un colpo di pistola la sera del 31 maggio del 2016 nelle campagne di contrada Ventrischi, nell’entroterra di Marsala.
In primo grado, l’8 ottobre del 2018, Girgenti era stato condannato all’ergastolo dalla Corte d’assise di Trapani. Il vicecomandante della stazione di Ciavolo, quella sera era impegnato con un altro carabiniere – l’appuntato Antonello Massimo Cammarata – in un appostamento vicino a una serra dentro cui poi furono scoperte seimila piante di canapa afgana. A uccidere il sottufficiale fu un proiettile sparato da una semiautomatica Star, modello Bs calibro 9×19, ma sul luogo vennero trovati anche i bossoli di un’altra arma. Per questo, gli investigatori presumono che a sparare furono in due. Sette i colpi esplosi contro i due militari.
Girgenti fu arrestato dai carabinieri il 22 giugno 2016. «Arrivati dove ci sono le serre – aveva raccontato l’appuntato Cammarata, rimasto illeso – il maresciallo Mirarchi ha acceso la lampadina e abbiamo intimato l’alt. Ma non abbiamo finito di dire le parole che ci hanno sparato addosso». Dopo l’agguato, si indagò su un gruppo di persone che gravitava intorno alla gestione della serra, poi sequestrata. E saltò fuori il nome di Girgenti, che la gestiva fino ad alcuni mesi prima. Il bracciante fu sottoposto allo stub, che fu analizzato dai Ris di Messina, che rilevò un’alta percentuale di sostanze (nichel e rame). Secondo la difesa, però, non sarebbero riconducibili a polvere da sparo, ma ai fertilizzanti utilizzati da Girgenti nelle sue attività agricole. Una tesi che non ha retto nei vari gradi di giudizio. Nel processo, i familiari della vittima si sono costituiti parte civile, assistiti dall’avvocato Giacomo Frazzitta.