Il cantautore catanese interviene nel dibattito sulla rassegna La natura della mente, conclusosi nel weekend con una limitata partecipazione di pubblico. «Era una proposta culturale finalmente degna, ma la comunicazione è partita tardi, neanche i catanesi sapevano dell'evento», spiega prima di passare al suo ultimo disco, Il tramonto dell'Occidente, che uscirà a settembre. Critico sulla gestione del teatro Stabile del direttore Dipasquale - «produzioni che sanno di muffa» -, si dice «deluso» dal governo Crocetta: «Siamo alla paralisi della cultura»
Mario Venuti commenta il festival di Battiato «Bene il programma, flop colpa del Comune»
«Era un programma di grande livello, una proposta culturale finalmente degna, ma il Comune ha lavorato malissimo: la comunicazione è partita tardi, neanche i catanesi sapevano dell’evento. E’ questa la causa principale del flop». Il cantautore etneo Mario Venuti interviene nel dibattito sulla kermesse La natura della mente, organizzata dal Comune di Catania insieme all’agenzia modenese Imarts, con la direzione artistica gratuita di Franco Battiato. Lo fa da una parte per difendere «un collega e un amico», ma anche «una rassegna di valore che – sottolinea – è costata due fichi secchi». Dall’altra per sottolineare come «l’amministrazione abbia perso un’occasione».
Il teatro Metropolitan era parzialmente vuoto per il concerto del maestro Franco Battiato, serata di punta della manifestazione. Di chi è la colpa?
Il Comune ha lavorato malissimo, eppure il programma era di grande livello. Fino all’ultimo momento non c’è stata certezza delle coperture economiche. Sono mancati gli sponsor e i soldi che dovevano arrivare dalla Regione. E’ stato in dubbio fino alla fine, la conferma è arrivata appena una settimana prima dell’inizio, quando in realtà era tutto pronto da tre mesi.
Solo un problema di comunicazione?
E’ partita troppo tardi, è questa la causa principale del flop. Non si è saputa gestire la pubblicità, serviva una mailing list, una presenza sui social network. Non è che per sapere dell’evento bisogna essere costretti a comprare il giornale La Sicilia. Se fosse stato organizzato meglio, sarebbero venuti da tutta la regione, invece neanche i catanesi lo sapevano.
Non c’entra nulla un programma che alcuni considerano troppo di nicchia?
Il catanese non è proprio raffinatissimo per gusti musicali. Ma se chiami Battiato, che non è certo l’ultimo arrivato, lui propone questo. Se si vuole fare qualcosa che accontenti tutta la cittadinanza, allora dovresti invitare Gianni Vezzosi, Nino D’Angelo e i Simple Minds. Ma questo dovrebbe avvenire nell’ambito di un’intera estate catanese, avendo a disposizione più fondi che sappiamo non ci sono.
Dalla Regione non sono arrivati i fondi sperati. Viene da pensare al modo in cui è finita la luna di miele tra Battiato e Crocetta…
Non credo in una vendetta della Regione, c’è un’oggettiva difficoltà a reperire fondi pubblici. Prima si spendeva con leggerezza, ci sono state passate gestioni allegre e disinvolte. Io ho sostenuto Rosario Crocetta per il primo governo di centrosinistra in Sicilia. Ma siamo alla paralisi totale delle attività culturali.
E’ deluso dal governo Crocetta?
Sì, perché si è bloccato tutto. Sono stati tagliati tutti i finanziamenti alla cultura. Basta guardare cosa sta succedendo ai teatri. Anche un’esperienza fresca come la direzione di Emma Dante e Roberto Alajmo al Teatro Biondo di Palermo rischia di finire per problemi economici, nonostante abbiano dato una svecchiata ai contenuti e abbiano triplicato gli abbonamenti. Tutta un’altra storia rispetto allo Stabile di Catania.
Cosa non la convince della gestione del teatro Stabile?
Il direttore Dipasquale lo gestisce in maniera troppo personalistica, in tutti gli spettacoli c’è sua moglie. Da anni funziona così, le produzioni sanno di muffa e gli spettatori sono sempre gli stessi. Servirebbe una svecchiata anche qui, per attirare nuovi abbonati che hanno voglia di vedere cose diverse. Anche sotto la direzione di Pippo Baudo, almeno dal punto di vista numerico, le cose andavano meglio. Qualcuno dovrebbe prendere decisioni drastiche.
Tornando a lei, nelle settimane scorse è uscito un album che festeggia i 30 anni dei Denovo, il gruppo con cui ha iniziato la sua carriera. Che esperienza è stata?
Una rimpatriata tra vecchi amici e l’occasione per rendere giustizia a un materiale dimenticato che invece valeva la pena pubblicare. All’epoca non fu possibile farlo per diverse ragioni, ci è sembrato il miglior modo per festeggiare.
A che punto è il suo prossimo album, Il tramonto dell’Occidente?
E’ pronto e uscirà a settembre. E’ un disco a sei mani, in cui mi faccio interprete del materiale che proviene anche da Kaballà e Francesco Bianconi dei Baustelle. Ma ci saranno anche Battiato, Alice, Giusy Ferreri e Nicolò Carnesi. Il titolo sarà il filo conduttore delle canzoni. Può sembrare un po’ apocalittico, invece è un invito a rimboccarci le maniche e ricominciare cambiando strada, visto che quella presa fino ad oggi ci ha portato all’attuale decadenza sotto gli occhi di tutti.