Mario Vargas Llosa incanta Palermo «Le mie opere? Nascono da esperienze»

Una sala stracolma e un discorso che non ha deluso nessuno. Il premio nobel peruviano Mario Vargas Llosa ha incantato la città di Palermo ieri con la sua lectio magistralis a Palazzo Steri, dove gli è stata conferita la laurea magistrale ad honorem in Lingue e letterature moderne dell’Occidente e dell’Oriente dall’Università di Palermo. Il tempo sembra fermarsi quando prende la parola, nessun brusio, perfino i ventagli smettono di sventolare le astanti. «Ciò che ho imparato scrivendo finzioni, da quando ero adolescente, è che in verità non scelgo mai i temi, bensì sono i temi a scegliere me – ha raccontato -. Scrivo di certe cose perché ho avuto certe esperienze. È la parte più misteriosa e perfino un po’ inquietante della creazione letteraria». 

«Si conoscono centinaia, migliaia di persone nella vita e, tuttavia, ce ne sono alcune che lasciano un’impressione indelebile nella memoria – ha proseguito il premio nobel -. Si è protagonisti o testimoni di migliaia di eventi, ma ce ne sono alcuni che permangono nella memoria con una intensità che non svanisce, anzi si mantiene e, a volte, si accresce con il passar del tempo. Ci sono certi episodi che ci vengono riferiti o che leggiamo, che lasciano un segno nella memoria; poi, con il passar del tempo, si trasformano, inconsciamente, non deliberatamente, nell’origine di una fantasia. Mi accorgo allora – ha detto ancora – che da molto tempo stavo fantasticando su un ricordo e che avevo già costruito, distrattamente, quasi inconsapevolmente, un embrione di storia. A volte non è neanche un embrione di storia, bensì una situazione, un personaggio, un’atmosfera attorno a questo ricordo che, per ragioni a me oscure, è divenuto uno stimolo per la creazione». 

Tra le motivazioni che hanno spinto il Consiglio superiore dell’Università di Palermo a consegnare la laurea ad honorem a Mario Vargas Llosa c’è l’impegno civile profuso da parte dello scrittore nella sua attività letteraria. «Forse un esempio può illustrare meglio quanto voglio dire: una volta ho letto in un giornale, mentre andavo in autobus da Miraflores al centro di Lima, un breve resoconto su un incidente successo in un villaggio della Sierra, in cui si diceva che un cane aveva morso un neonato – ha detto -. Bene, non so se settimane o mesi dopo, constatai che questa breve nota fugace, letta in un giornale, era ben viva nella mia memoria e che da tempo fantasticavo sulla vita che avrebbe avuto quel bambino una volta cresciuto. Rimuginavo e rimuginavo intorno a questa idea. La ferita della creatura, diversamente dalle altre ferite, invece di chiudersi col tempo si sarebbe aperta sempre di più. La vera tragedia si sarebbe manifestata, quando lui sarebbe diventato un adolescente e poi un uomo. Così mi ritrovai con una storia costruita».

«Questa storia ebbe subito per me un’importanza straordinaria, perché da molto tempo, tra la miriade di progetti che di solito ho tra le mani, la maggior parte dei quali si perdono per strada – ha proseguito lo scrittore – ne avevo uno sempre rimasto incompiuto e, cioè, scrivere una storia sul mio quartiere. Il quartiere era rappresentato dal gruppo di ragazzi e ragazze che si riunivano all’angolo della strada, che condividevano tutti i riti dell’adolescenza: il calcio, le feste, le prime sigarette, gli innamoramenti, una specie di famiglia parallela. Un’esperienza che ricordavo con enorme nostalgia, perché per me era stata unica, ricchissima. Su questo volevo scrivere una storia, ma non avevo mai potuto concretizzarla perché mi mancava sempre qualcosa. E, all’improvviso, quando vidi che avevo lo scheletro della storia – ha raccontato Vargas Llosa -, trovai anche la colonna vertebrale: un giovane che nell’infanzia aveva avuto un incidente come quello della notizia del giornale che avevo letto. La storia del quartiere avrebbe dovuto ruotare attorno a questo personaggio, a questo protagonista. Il perché non lo so, ma lo sentii chiaramente. Cosí nacque una delle mie finzioni, I cuccioli, una novella. Tutti i romanzi, i racconti, e le opere di teatro che ho scritto hanno avuto un’origine simile: da qualcosa che mi è successo e che mi ha segnato così tanto, da non poter evitare di scrivere una storia a partire da questa esperienza». 


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