A Catania la manifestazione contro la violenza patriarcale indetta da Non Una di Meno

Questa mattina la manifestazione contro la violenza patriarcale, indetta da Non Una di Meno-Catania. Il corteo, partecipato da più di un migliaio di persone, ha percorso diverse tappe simbolo delle rivendicazioni del movimento femminista. Il corteo ha toccato alcuni dei edifici che le manifestanti hanno definito simbolo dell’ingiustizia patriarcale. Tra questi l’ospedale Santo Bambino che è stato punto di riferimento per moltissime donne a Catania, ormai chiuso, ed anche il Consultorio Mi Cuerpo Es Mio,  sgomberato il 5 Dicembre, e rimasto al centro del dibattito cittadino negli scorsi mesi.

«Scioperare contro il patriarcato significa opporsi a misure di governo che trattano la violenza maschile sulle donne e di genere come problema securitario – spiega l’attivista Dafne – Lo vediamo nell’irrigidimento del codice rosso, nello smantellamento e privatizzazione del servizio sanitario nazionale, nell’erosione del welfare, nella chiusura di consultori pubblici, nella difficoltà di accesso ai servizi e nel sovraccarico del lavoro di cura gratuito e malpagato, nel sapere patriarcale come vediamo nelle linee guida di Valditara sull’educazione». Ed è proprio sull’educazione che diverse studentesse sono intervenute davanti la prefettura, portando un enorme sacco di rifiuti finti, rinominato scuola patriarcale all’ingresso della sede territoriale del governo. In contrasto alle direttive del ministro Valditara, viene rivendicata un educazione sessuo-affettiva ed al consenso nelle scuole come nelle università, una formazione libera e spazi formativi accessibili.

«Scioperare contro il patriarcato significa scioperare contro la guerra e reclamare l’immediato cessate il fuoco su Gaza per fermare il genocidio in Palestina. Le donne palestinesi come tantissime donne in tutto il mondo lottano per auto-determinarsi e per vivere libere, la guerra è la massima espressione del sistema patriarcale. Alla brutalità di quanto sta avvenendo contrapponiamo la nostra solidarietà, contrapponiamo i nostri corpi e costruiamo spazi di organizzazione contro la violenza di genere e di auto-determinazione per tutte le soggettività oppresse». In solidarietà alla popolazione palestinese, oltre ai diversi interventi al microfono, è stata simbolicamente bruciata la bandiera dello Stato di Israele, mentre veniva aperta una grande bandiera palestinese. Il corteo proseguendo verso piazza Università ha fatto un altro flash mob, ricordando che nella maggior parte dei femminicidi, l’assassino ha spesso le chiavi di casa. Infatti nella maggior parte dei casi sono mariti, fidanzati, ex partner che uccidono donne cis o transgender, non sono casi isolati ma manifestano che la violenza di genere è strutturale.

In piazza Università, prima della conclusione, sono stati affissi dei cartelloni con l’immagine del sindaco Enrico Trantino e le sue citazioni delle ultime dichiarazioni fatte  in merito alla violenza sulle donne durante il consiglio comunale del 4 marzo sul tema sicurezza, giudicate imbarazzanti dalle manifestanti. La manifestazione ha visto, in fine, la sua conclusione con un’ennesima azione simbolica. «Abbiamo deciso di concludere il corteo dando fuoco alla piramide della violenza, una piramide che poggia le proprie basi proprio su tutti quei comportamenti, quei gesti e quelle parole considerate troppo spesso normali o che vengono sminuite e tollerate, ma che sono una parte ben più grande di violenza strutturale».


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