Mancanza di medici e la Regione assente, così il nuovo Pronto soccorso di Barcellona resta chiuso

Duecentomila euro di soldi pubblici spesi e un bacino di 100.000 persone lasciate senza l’adeguata assistenza sanitaria: sono queste le cifre del Pronto Soccorso Cutroni Zodda di Barcellona Pozzo di Gotto. Da sempre questo presidio ospedaliero si trova a dover gestire il problema dell’estrema vicinanza con il Fogliani di Milazzo, più volte infatti i vari governi regionali (di tutti i colori politici) hanno tentato di accorpare i due ospedali, hanno proposto l’apertura di reparti complementari e la chiusura di altri, si è addirittura parlato di una privatizzazione del Cutroni Zodda, ma nulla di tutto ciò è mai stato fatto.

Nel 2020, però, è arrivata la pandemia e l’ospedale di Barcellona viene completamente convertito in Covid Hospital, per tutto il resto, appunto, era rimasto il Giuseppe Fogliani. La riconversione post Covid è stata, però, impossibile per il Cutroni Zodda che ancora oggi si trova ad avere il Pronto soccorso chiuso, ufficialmente per mancanza di medici di emergenza-urgenza. I lavori del reparto, infatti, sono stati fatti tra marzo e giungo 2023 dalla ditta Iblea di Palazzolo Acreide, e sono stati spesi circa 200.000 euro tra lavori di edilizia e gas medicali. L’apertura era prevista a settembre del 2024, ma ad oggi è ancora chiuso.

A richiamare l’assessorato alla Sanità regionale e il presidente della Regione, Renato Schifani sulla questione è stata paradossalmente sempre la maggioranza di governo. Nulla invece è stato detto in merito dall’opposizione, neanche quando si è parlato di privatizzare. A questo punto, è bene precisare che la Sanità viene definanziata da oltre 20 anni da parte di tutti i governi nazionali e regionali di destra, di sinistra e di centro che nel tempo si sono succeduti. Tutti, nessuno escluso, ma c’è chi continua a fare propaganda sulle spalle dei malati e chi si batte per un miglioramento. Di fatto, il definaziamento provoca la fuga di cervelli e adesso un ospedale come il Cutroni Zodda non può riaprire per carenza di medici. Una situazione emblematica, ma anche un esempio di quello che succederà in tantissime strutture italiane nei prossimi anni, se non si trovano delle soluzioni sensate a stretto giro.

Uno dei rimedi proposti è stato quello della esternalizzazione dei servizi sanitari ad agenzie esterne, soluzione che ha fatto saltare sulla sedia i sindacati perché ritengono sia una manovra politica per privatizzare la struttura. La Uil ha recentemente richiesto l’apertura di un tavolo tecnico per «affrontare le problematiche legate alla carenza di personale e alla gestione del servizio sanitario, evitando soluzioni temporanee che non garantiscano la stabilità del servizio nel lungo periodo», ha scritto in una nota.

Di fatto, il primo a lanciare l’allarme sulla situazione della mancata riapertura del Cutroni Zodda è stato Pino Galluzzo, deputato regionale di Fratelli d’Italia: «l’Asp di Messina ha più volte emanato dei bandi anche con incentivi per far sì che aderissero dei medici e riaprire questa unità operativa, ma purtroppo sono andati deserti. Ho chiesto in commissione Sanità all’Ars di promuovere una collaborazione interaziendale, per fare arrivare dei medici da parte del Piemonte, dell’IRCS Neurolesi, dal Policlinico e dal Papardo. Azione che poteva essere condotta solo ed esclusivamente da parte dell’assessorato alla Sanità, cioè quel centro politico e direzionale che promuove la collaborazione tra aziende. Nulla è però stato fatto e ciò è imputabile sicuramente all’organizzazione dell’assessorato stesso, che ha mostrato interesse a macchia di leopardo solo su alcune situazioni e contesti, evidentemente in base agli sponsor politici. L’assessorato, però, dovrebbe muoversi nell’interesse esclusivo della salute del cittadino».

Questa situazione ha comportato un notevole aumento del carico di lavoro sull’ospedale Fogliani di Milazzo, che ha visto crescere gli accessi al Pronto soccorso da circa 36.000 nel 2019 a oltre 38.000 nel 2023. Oggi è vicino al collasso, con impatti significativi sulla qualità dell’assistenza sanitaria nella zona. Ad alzare la voce sulla disastrosa situazione sono arrivati anche Matteo Sciotto di Sud Chiama Nord, che ha fatto diversi appelli al presidente Schifani, e Tommaso Calderone, deputato nazionale di Forza Italia, che ha convocato l’assessore regionale alla Sanità davanti alla commissione bicamerale Insularità che lui presiede.

Evidentemente, però, l’incontro non è stato fruttuoso, tanto che l’avvocato Calderone ha successivamente inviato una richiesta ufficiale di chiarimenti in merito anche al ministero della Sanità e, con una interrogazione parlamentare, ha sottolineato che a Barcellona Pozzo di Gotto e nei paesi limitrofi si soffrono pesanti ripercussioni a causa della mancata riapertura del Pronto soccorso «in termini di sicurezza sanitaria, tempi di intervento e accesso tempestivo alle cure in situazioni di emergenza». Calderone ha chiesto, inoltre, l’attivazione dell’Agenas per valutare la qualità e l’equità del servizio sanitario offerto, nonché di garantire l’effettiva erogazione e il rispetto dei LEA.

Questa settimana l’assessora Daniela Faraoni, dovrebbe incontrare l’Asp di Messina per capire esattamente in cosa può essere di supporto. «Pare che si stia muovendo qualcosa, ma è assurdo che l’assessorato si stia attivando solo dopo il sollevamento della problematica da parte mia – lamenta Galluzzo -, perché tutto questo avrebbe dovuto farlo in automatico». Un rimedio per cercare quantomeno di aprire il Pronto soccorso sembra essere quello di reclutare medici stranieri, infatti ne è già arrivato uno, ma sono sempre pochi e l’esiguo numero degli operatori sanitari non consente la riapertura dell’unità operativa. In generale dunque come si può risolvere il problema della carenza dei medici, soprattutto nell’area emergenza-urgenza? «A livello nazionale è necessario adottare dei provvedimenti seri, ad esempio, in questo momento in Italia più del 60% delle borse di specializzazione dell’emergenza-urgenza vanno deserte – ha precisato ancora il deputato regionale Pino Galluzzo – Quindi si potrebbe raddoppiare il compenso a color che scelgono questa specializzazione, perché se per tre anni uno studente universitario percepisce 3000 euro al mese invece di 1.500-1.600 euro al mese magari potrebbe gettonare questa specializzazione».


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