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Il maltempo in Sicilia e la grandine «come palline da ping pong». Danni «fino a due milioni di euro»

Prima molti mesi senza una goccia d’acqua, poi piogge abbondanti nel giro di pochi giorni, che in molti casi hanno portato più danni che benefici. Non è una lamentela alla «piove, governo ladro», ma la descrizione di quanto è effettivamente successo in molte zone della Sicilia nelle ultime 96 ore. Il 27 agosto forti precipitazioni nella parte sud-orientale della Sicilia e in alcune zone della provincia di Catania – con tanto di grandine sull’Etna – il 28 agosto diversi temporali in molte aree della Regione, che hanno provocato anche allagamenti e frane. Ma soprattutto hanno danneggiato una parte consistente di alcuni raccolti. «I nostri uliveti hanno subìto danni che vanno da un milione e mezzo a due milioni di euro», dice a MeridioNews Pietro Scalia, presidente del Consorzio tutela vini doc Sapalaruta. Il 28 agosto nella Valle del Belìce, dove il comune del Trapanese si trova, sono piovuti chicchi di grandine grossi quasi quanto palline da ping pong.

«Nella nostra zona il 60 per cento delle olive sono per terra – dice Scalia – il dieci per cento nere e bucate: praticamente il 70 per cento delle olive non è recuperabile». Ma i danni non sono solo per il presente. «Ne parlavo anche con gli altri agricoltori: grandinate come queste possono portare conseguenze anche per un paio d’anni», aggiunge il presidente del Consorzio tutela vini doc Salaparuta. Questo perché «quando i rami degli ulivi vengono intaccati dalla grandine – spiega Scalia – il rischio è che venga loro una sorta di rogna, che in siciliano si chiama purretto». A quel punto «è necessario disinfettare la pianta e questo può compromettere la produzione negli anni successivi». I danni del maltempo di questi giorni «non hanno riguardato solo le piante e i frutti – continua Scalia – ma anche i tetti dei capannoni, sia quelli moderni sia quelli in eternit. Dopotutto quella grandine ha bucato anche i vetri delle macchine».

«Le olive le portiamo avanti come delle figlie», ci tiene a sottolineare Scalia. A causa della grandinata del 28 agosto nella zona «tra Salaparuta, Poggioreale e una piccola parte di Gibellina le aziende hanno perso tra i 30 e i 40mila euro di olio, e la cosa riguarda quasi 300 famiglie». Ma oltre alle olive, in quella zona anche l’uva è stata colpita dalle precipitazioni degli scorsi giorni. «Quelle pregiate le avevamo già raccolte – dice Scalia – ma il 60 per cento di quelle che restavano non si possono più vendemmiare, perché sono totalmente danneggiate». Il presidente del Consorzio tutela vini doc Salaparuta racconta che già sei o sette anni fa c’è stata una forte grandinata, che ha provocato danni, ma «niente di paragonabile a questa: una cosa del genere io non me la ricordo e non se la ricordano neanche agricoltori che hanno 75 anni». Ora una fortissima grandinata, ma negli scorsi mesi il problema era un altro: la siccità.

«Oggi i terreni sono bagnati – dice Scalia al nostro giornale – ma ormai si è perso il frutto e le piccole aziende sono in ginocchio. Abbiamo perso dal 30 al 50 per cento della produzione». Nei suoi vigneti, Scalia è alla fine della vendemmia. «Finiamo domani: l’anno scorso 1000 quintali di uva, quest’anno 600 quintali, quindi ho perso il 40 per cento». Alcuni agricoltori «mi dicono che sono fortunato – dice Scalia – perché ho diverse varietà di uva, quindi alcune si sono difese meglio di altre». Ma non è andata a tutti così. «Se la Regione volesse aiutare gli agricoltori – e questo lo dico da presidente del Consorzio – dia almeno dei prestiti agevolati», dice Scalia. «Non per forza contributi, ma prestiti da rimborsare in un tempo che va da cinque a dieci anni, non con rimborso a un anno. Dateci questa possibilità – dice Scalia – perché chi non ha fatto investimenti o è in salute, forse l’annata la supera; chi ha spese o deve saldare delle cartelle esattoriali, avrà un inverno difficile e mancherà una fetta di economia in tutta la provincia di Trapani», conclude.

Una situazione diversa, invece, si sta vivendo nei territori in cui opera il Consorzio per la tutela e la promozione dell’uva da tavola di Canicattì igp. Nelle zone di Delia e di Sommatino – in provincia di Caltanissetta – e di Canicattì, nell’Agrigentino, «sull’uva abbiamo dei teli che coprono quasi tutta la frutta», dice a MeridioNews il presidente del Consorzio, Marsello Lo Sardo. «Sono stati danneggiati tra il cinque e il dieci per cento dei grappoli – spiega – praticamente solo quelli vicino all’intercapedine tra i teli». Il tono, però, cambia se parliamo di un’altra coltura: quella delle pesche. «Quella non è protetta da teli, quindi i danni sono irreparabili. Difficile fare una stima precisa – dice Lo Sardo – In questa parte della stagione, quella finale, il frutto sugli alberi è quello più molle, perciò il maltempo di questi giorni l’ha reso totalmente improponibile sul mercato». Ma c’è un ma. «Da queste parti – dice Lo Sardo – abbiamo la consuetudine di assicurare le colture, per cui saranno le compagnie di assicurazione a risarcire le aziende colpite dai fenomeni atmosferici». Lo Sardo parla di «buon uso che ha preso piede» in quella parte della Sicilia, tanto che «è molto difficile che i produttori di pesche non assicurino», spiega. Le pesche che non si potranno vendere «finiranno nei succhi o nell’industria dei semilavorati, perché le lesioni sono così forti che lo zucchero e l’umidità atmosferica fanno sviluppare un fungo che le fa marcire presto».

E anche da quelle parti la mancanza d’acqua si è sentita tantissimo. «Quest’anno – dice Lo Sardo – abbiamo fatto sforzi sovraumani per irrigare con una certa regolarità pescheti e vigneti. Un inverno così siccitoso non lo ricordiamo a memoria d’uomo». Spiega che «per un albero di pesche da 70/80 chili e per piante da 30/40 chili d’uva servono volumi d’acqua importanti, se no il frutto non avrà un certo volume, inoltre la produzione sarà di bassa qualità». E «senza qualità – continua Lo Sardo – non possiamo vendere a un prezzo che ci permette di ripagare il lavoro, i costi e gli investimenti di un’intera stagione. E saremmo penalizzati rispetto alle zone nostre concorrenti: Emilia-Romagna, Puglia, piana di Sibari (in Calabria) e Spagna», conclude il presidente del Consorzio per la tutela e la promozione dell’uva da tavola di Canicattì igp.


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