Pippo Vecchio, professore ordinario di Istituzioni di diritto privato nell’ex facoltà di Scienze politiche di Catania di cui è stato preside nel 2003 e già presidente del corso di laurea in Servizio sociale e del Centro di orientamento e formazione dell’Ateneo, è uno dei quattro candidati alla poltrona di rettore per i prossimi sei anni. Continui sono i riferimenti alla Costituzione – «per me un indirizzo fondamentale» – per spiegare la situazione attuale e dalla quale muovere i primi cambiamenti in ambito di carta statutaria e di definizione delle competenze. E tiene a specificare: «Mi fa piacere fare questa corsa insieme a tre amici – Enrico Iachello, Giacomo Pignataro e Vittorio Calabrese – dei quali ho stima e con i quali mi piace confrontarmi».
Al centro del programma del professore Vecchio lautonomia dellAteneo quale «dimensione fondamentale» che «pone luniversità sullo stesso piano delle autonomie territoriali». Esiste un rapporto di responsabilità nei confronti della società «sia per la capacità di produrre innovazione sulla base della ricerca ma anche sulla formazione innovativa dei giovani». I rimandi alla Costituzione si susseguono, in particolare all’articolo 33 (secondo cui «larte e la scienza sono libere e libero è il loro insegnamento») e all’articolo 34 che garantisce il diritto alo studio.
Pippo Vecchio non gradisce la misura dei cento giorni per spiegare quali saranno i primi atti da proporre nel caso in cui venga eletto magnifico. Non solo perché si tratta di «troppo poco tempo», anche perché «non è una misura bella per il fatto che sono cento i giorni che vive Napoleone dopo il ritorno all’isola dElba». Secondo Vecchio, comunque, occorre mettere in cantiere «alcune essenziali modifiche statutarie e un atto di indirizzo degli organi di responsabilità accademica, per una riorganizzazione amministrativa dellUniversità che abbia come obiettivo la semplificazione delle procedure e la centralità della funzione dei dipartimenti. Fermo restando la separazione tra funzioni scientifico-didattiche e quella amministrativa». Poiché è convinto che i «professori debbano solo fare i professori ed esercitare la funzione di indirizzo scientifica e didattica», a fianco dei direttori dei dipartimenti prevede un funzionario con poteri di firma.
Il programma dei primi 100 giorni
Il candidato fa riferimento alla norma che ha voluto labolizione delle facoltà e la riduzione dei dipartimenti, la legge 240/2010 detta Gelmini, per spiegare lattuale situazione che comunque non considera ideale. «Si deve ancora fare qualcosa dal punto di vista dimensionale, e capire qual è quella ottimale». Ma, come lui stesso ammette, «stiamo sperimentando la nuova legge». In generale comunque ne vorrebbe riorganizzare il regolamento di amministrazione e separare le funzioni.
Modifiche importanti andrebbero fatte anche nella carta statutaria per quanto riguarda le norme di costituzione del Consiglio damministrazione per cui il prof. Vecchio stabilirebbe «i criteri di selezione dei competenti con una tecnica di valutazione che veda il concorso della valutazione generale dellAteneo e della valutazione di responsabilità da parte del rettore». Ma non solo. Anche le norme sul Senato accademico andrebbero riviste «in modo da renderlo più aderente alla rappresentanza delle aree scientifiche». Basta dunque ai due grandi collegi – umanistico e scientifico tecnologico – che permettono di essere eletti con i voti di unarea che non è la propria, dato che queste sono 14.
Pippo Vecchio è molto preciso nel differenziare le competenze e questa è dellErsu, lEnte regionale per il diritto allo studio universitario. «Lauspicio dall’Ateneo è quello che l’Ersu venga licenziato in maniera più significativa da parte dello Stato e della Regione per le competenze che le sono state attribuite». LUniversità non può occuparsi direttamente dei servizi agli studenti quindi, ma può fare altro, come «promuovere lauto organizzazione degli studenti – spiega il candidato – Può fare cioè unattività di solidarietà senza impegnare risorse che sono destinate ad altre funzioni».
È difficile per il candidato rettore Pippo Vecchio dare un giudizio su quanto fatto dal rettore uscente, il prof. Antonino Recca, anche in considerazione del fatto che «non è unamministrazione che ho sostenuto con il mio voto, diversamente da altri miei colleghi in corsa». Riconosce comunque al magnifico «che ha dovuto affrontare problemi difficilissimi, perché è la prima volta nella storia delluniversità che andiamo a finanziamento decrescente progressivo». Snocciola poi una serie di numeri delle cifre stanziate dal governo nazionale, insufficienti anche a coprire le spese per gli stipendi e sottolinea: «E’ difficile soddisfare tutti in tale situazione».
Il parere sullamministrazione del rettore Antonino Recca
Anche sulla carica del direttore amministrativo ricoperta dal prof. Lucio Maggio, oltre che sullo statuto, sono stati aspri i dibattiti. Ma il candidato ammette di non conoscere «il contratto né i termini della polemica nata intorno al suo incarico». Come dabitudine fa riferimento alla Costituzione per spiegare che «i contratti di dirigenti, rettori e consiglio damministrazione hanno una sfasatura istituzionale che potrebbe essere prevista per garantire meccanismi di continuità». È vero che la continuità può essere interrotta «in caso di inadempienze» e quindi non esclude nulla, ma è pur vero che Maggio «è stato nominato direttore da un Consiglio damministrazione del quale faceva parte un attuale candidato, a testimonianza che gli elementi delle istituzioni si sovrappongono in continuazione e si legano gli uni con gli altri».
Pippo Vecchio rimarca l’importante distinzione tra istituzioni e cariche e quindi lanalogia delluniversità con le autonomie locali. Ma non commenta le dichiarazioni del 2006 del professore Recca nelle quali il magnifico uscente augurava una separazione tra la carica di rettore e la politica, e parla di sé. «Mi sto scommettendo per una istituzione universitaria – spiega – tra poco avrò 61 anni se dovessi essere eletto rettore dopo il mandato, a 67 anni, vado a godermi il mio orticello a SantAlfio».
Secondo il candidato cè sempre stato un rapporto di interscambio con il tessuto cittadino e ricorda la fondazione dellAteneo, nel 1434, «strettamente legato alla città e nato per volontà della città». Poi tutto cambia, «ma non è un rapporto distaccato». Per Vecchio, «i professionisti e le imprese di questa città provengono dalla formazione e dalla cultura di questa Università». E rimanendo in ambito di distinzioni delle cariche «luniversità fa il suo mestiere, ma leconomia di questa regione è in sofferenza e non impiega bene le risorse intellettuali che ha».
Per quanto riguarda la difficile situazione che i ricercatori fronteggiano, il candidato fa di nuovo riferimento alla legge e in particolare agli articoli sei e 23 della legge Gelmini in cui si delineano le competenze e le misure della didattica e della ricerca di tutte le componenti docenti dellateneo. «È la legge che prevede che si faccia ricerca e didattica, anzi facciamo ricerca per la didattica», spiega.
Strettamente legato al tema dei ricercatori è quello del ricambio generazionale del corpo insegnanti. Pippo Vecchio fa dunque ancora un riferimento alla legge per imputarle che è questa stessa che «ci impone il blocco del ricambio». La stessa prevede inoltre che ci sia «un piano per il passaggio dei ricercatori ad associati» e che occorre bandire posti per ricercatori a tempo determinato «solo se è prevedibile la copertura finanziaria dello sviluppo di carriera».
Il ricambio generazionale dei docenti
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