Il tribunale del Riesame si è pronunciato oggi sulla richiesta dei legali del 62enne imprenditore, in passato parlamentare regionale e sindaco di Aci Catena. L'uomo è stato arrestato il 10 ottobre nell'ambito dell'operazione Aquilia
Mafia, va ai domiciliari l’ex deputato Pippo Nicotra Accusato di forti legami con la famiglia Santapaola
Per il momento va ai domiciliari con l’obbligo di portare il braccialetto elettronico l’ex deputato regionale ed ex sindaco di Aci Catena, Raffaele Pippo Nicotra. A deciderlo questa mattina è stato il tribunale del Riesame a cui il legale dell’imprenditore catenoto, l’avvocato Orazio Consolo, si è rivolto. L’udienza si è tenuta giovedì scorso, con il giudice che si è riservato di prendere una decisione entro la giornata odierna. Il Riesame ha escluso tra i gravi indizi di reato su cui si poggia la misura cautelare la corruzione elettorale per le Regionali 2012. Nicotra, che adesso trascorrerà i domiciliari nella casa di Aci Catena, era stato arrestato la notte del 10 ottobre dai carabinieri nell’ambito dell’operazione Aquilia, che ha coinvolto altre 17 persone, per un’indagine che complessivamente riguarda 33 indagati. Le accuse per il 62enne, finora rinchiuso in una cella del carcere di Bicocca, sono di concorso esterno in associazione mafiosa, voto di scambio e tentata estorsione.
Nel mirino dei magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Catania sono finiti i rapporti che l’uomo avrebbe avuto con esponenti del gruppo catenoto della famiglia Santapaola. Legami che si sarebbero sviluppati nel corso dei decenni e che sarebbero emersi pubblicamente già nel 1993, quando Nicotra, all’epoca sindaco di Aci Catena, tentò di intervenire per impedire l’applicazione delle prescrizioni imposte dall’allora questore in merito al divieto di celebrazione dei funerali di Maurizio Faraci, cognato del boss Nuccio Coscia, compaesano di Nicotra e all’epoca ai vertici dei Santapaola nell’Acese. Nicotra, stando alle ricostruzioni fatte dai carabinieri, prima protestò per il provvedimento, poi non fece rispettare il divieto di affissione dei manifesti mortuari e infine si recò al cimitero di Aci Catena per fare le condoglianze al capomafia. In seguito a quei fatti, il consiglio comunale venne sciolto dal ministero per infiltrazioni mafiose.
Ma venendo a tempi più recenti, le accuse per Nicotra non sono diminuite. A parlare di lui, dall’estate 2015, è il collaboratore di giustizia Mario Vinciguerra. Reggente del gruppo dei Santapaola a partire dall’inizio degli anni Duemila, Vinciguerra ha raccontato ai magistrati dei rapporti che Nicotra avrebbe mantenuto negli anni con la mafia. Relazioni che sarebbero state caratterizzate da un dare e avere: da una parte la criminalità organizzata avrebbe benefici in termini di periodiche erogazioni di denaro, assunzioni di personale all’interno dei supermercati di proprietà di Nicotra, oltre ad avere in quest’ultimo un punto di riferimento politico; dall’altra l’imprenditore avrebbe usufruito del supporto della famiglia mafiosa in termini di protezione e soprattutto di supporto nella ricerca dei voti in occasione di più tornate elettorali. Nicotra, inoltre, avrebbe usufruito delle proprie conoscenze anche per cercare di dirimere una disputa con uno dei soci della società edile Erika srl – nella cui compagine ufficialmente risulta la moglie – accusato di essersi intascato una somma di denaro. Soldi per la cui restituzione si arrivò al pestaggio dell’uomo.
Nelle carte dell’ordinanza siglate dal gip Santino Mirabella si trova anche la ricostruzione di un presunto incontro che Nicotra avrebbe avuto con Santo La Causa, oggi pentito ma all’epoca boss dei Santapaola. I due si sarebbero incontrati in un ripostiglio di un’abitazione che si trova vicino a uno dei supermercati di Nicotra, con La Causa che si sarebbe presentato con addosso una tuta da benzinaio. In ballo ci sarebbe stata anche una richiesta di pizzo per dei capannoni nella zona industriale di Catania. Il 62enne imprenditore sarebbe stato cercato dagli esponenti locali dei Santapaola anche per un tentativo di acquisto di una partita di cocaina dai narcos colombiani. Per la droga, che sarebbe stata presa dalla Spagna, il gruppo avrebbe scambiato tramite Nicotra 180mila euro in banconote da 500 euro. La compravendita, della cui pianificazione non è chiaro se Nicotra fosse venuto a conoscenza, poi sarebbe fallita per un raggiro da parte dei venditori.
Dopo l’arresto, Nicotra ha negato tutte le accuse nei propri confronti, dichiarando di essere stato per oltre 40 anni una vittima della mafia. L’imprenditore ha ammesso di pagare il pizzo per timore nei confronti della cosca. Tesi che negli anni passati Nicotra negò davanti ai magistrati, finendo per un periodo per essere indagato per favoreggiamento.