Mafia, sequestrati 5 milioni al business del rame Tra binari rubati, cavi dell’Enel e «penne da sparo»

«Un sequestro patrimoniale strategico, volto a colpire gli affari della criminalità organizzata di stampo mafioso». Sono queste le parole della dirigente della divisione Anticrimine della questura di Catania Stefania Mazzotta. Che spiega come il sequestro di cinque milioni di euro, tra beni mobili e immobili, ai danni dell’azienda di lavorazione del ferro Ecometalli e del titolare Alessandro Viglianisi sia partito dall’arresto dell’uomo avvenuto nel 2014

Il 40enne catanese, all’epoca dei fatti proprietario di una stazione di servizio, era stato colto in flagranza di reato ed era accusato di acquisto e detenzione di sostanze stupefacenti, ricettazione, detenzione abusiva di armi ed esplosivi. Quel controllo di polizia era stato l’inizio di un percorso investigativo più complesso. Che ha portato, oggi, «a una forte aggressione patrimoniale all’azienda che riciclava rame di dubbia provenienza», aggiunge il vicequestore aggiunto Ferdinando Buceti

Secondo gli uomini delle forze dell’ordine, Viglianisi sarebbe il compagno di Giuseppina Lo Puzzo, figlia del collaboratore di giustizia, legato alla cosca dei CursotiFilippo Lo Puzzo. E da accertamenti patrimoniali sarebbe emersa una sproporzione tra i redditi dichiarati e lo stile di vita che conduceva. Quando, nel 2015, la polizia si è presentata a controllare il rifornimento di benzina Q8 di Gelso Bianco – di cui Alessandro Viglianisi risulta proprietario – ha trovato 25mila euro suddivisi in mazzette, due chili e mezzo di marijuana, una bilancia di precisione, due pistole semiautomatiche di marca Beretta con caricatore e cartucce, entrambe risultate rubate. Oltre a questo c’erano una penna modificata in modo da poter sparare, un pugnale (con lama di 19 centimetri) e un fucile calibro 16 – rubato anch’esso – corredato di cartucce.

Viglianisi sarebbe anche titolare di un autonoleggio in via Caracciolo e di un salone di bellezza nel quartiere San Cristoforo, anch’essi sottoposti a sequestro. Nonché socio al 50 per cento proprio della Ecometalli. Che, per gli investigatori, sarebbe stata il punto di riferimento «per la gestione del traffico illecito dei materiali ferrosi che, a oggi, hanno un valore grezzo di circa cinque euro al chilo». Alessandro Viglianisi sarebbe anche dipendente di una società che opera nello stesso ambito e che risulta intestata a uno dei suoi fratelli. L’azienda, nel tempo, sarebbe stata oggetto di numerose denunce. Tanto da aver subito il sequestro di 40 tonnellate di rame nonché di una considerevole quantità di binari ferroviari trafugati.

Assieme ad Alessandro, anche il padre Rosario e i fratelli Giuseppe e Benedetto Viglianisi operano da tempo nella lavorazione dei metalli. «Un contesto ricco di precedenti giudiziari», sottolinea Buceti. L’attività commerciale di Viaglianisi rientra nel cosiddetto «business dell’oro rosso che si sviluppa in seguito ai furti di rame dei quali si sente spesso parlare. Attività illecite che procurano gravi danni alla cittadinanza», precisa Mazzotta. A fare un quadro dei danni in materia è il responsabile Enel della provincia di Catania Giovanni Simone, che ha collaborato con gli inquirenti. «Soltanto nel 2015 i furti di rame registrati nella città di Catania ammontano a circa 900 milioni di euro. Una cifra che, per tutta la Sicilia, raggiunge una punta di 8,5 milioni», spiega Simone. Motivo per cui «di recente, l’Enel ha deciso di ripristinare i sistemi danneggiati dai furti con materiali in lega di alluminio».


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