Il politico, eletto con il Pdl, nel primo processo di secondo grado era stato condannato a cinque anni. Contro di lui avevano puntato il dito i fratelli pentiti Giuseppe e Paolo Mirabile. Quest'ultimo aveva raccontato di una cena nella trattoria di famiglia a Catania
Mafia, per l’ex deputato Cristaudo arriva l’assoluzione Secondo i pm sarebbe sceso a patti con i Santapaola
Come già avvenuto in primo grado, è stato assolto dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa per «non avere commesso il fatto». L’ex deputato regionale etneo Giovanni Cristaudo, secondo i giudici della seconda sezione penale della corte d’Appello di Catania, non avrebbe fatto parte del patto siglato tra mafia e politica emerso durante l’indagine Iblis. Eletto con il Popolo delle libertà all’Assemblea regionale siciliana, Cristaudo nel 2012 si era candidato nuovamente con la lista arancione di Grande Sud, all’epoca guidata da Gianfranco Miccichè. La vicenda giudiziaria del politico adesso si arricchisce di un nuovo colpo di scena. Dopo l’assoluzione in primo grado, proprio a ridosso delle Regionali, era arrivata la condanna a cinque anni nel processo d’appello. A ribaltare tutto ci avevano pensato i giudici della corte di Cassazione. Ricorso dei legali accolto e rinvio a una nuova corte in secondo grado. Mercoledì scorso l’assoluzione.
Non hanno retto le accuse che gli hanno mosso magistrati e collaboratori di giustizia. Tra questi i fratelli Giuseppe e Paolo Mirabile. Con quest’ultimo, nel 2013, che in aula aveva citato il politico etneo in riferimento a una presunta cena elettorale. Appuntamento sempre smentito dal diretto interessato ma che, secondo il collaboratore di giustizia, sarebbe stato organizzato in una trattoria di via Plebiscito su suggerimento di uno zio di Mirabile. Nelle motivazioni della prima condanna i giudici avevano bollato la condotta istituzionale di Cristaudo come «un mercimonio a favore dell’organizzazione mafiosa per un personale tornaconto». Ipotesi che veniva affiancata alla costruzione del centro commerciale Centro Sicilia in contrada Tenutella, nel territorio di Misterbianco. L’affare, come dimostrato dall’inchiesta, ha segnato la contrapposizione mafiosa tra Ercolano e Mirabile ma anche quella tra due distinti gruppi imprenditoriali. In mezzo avrebbe giocato il suo ruolo la politica, tra autorizzazioni e presunta attività parlamentare.
Cristaudo, secondo l’accusa, sarebbe intervenuto in maniera mirata il 30 ottobre 2007, con l’approvazione della legge che allungava di quattro anni i termini di decadenza delle autorizzazioni commerciali per le aree integrate. A redigere quel documento l’avvocato Antonino Santagati, anch’egli assolto perché «il fatto non sussiste». Diversa la posizione di Rosario Ragusa. L’imprenditore in primo grado era stato condannato a otto anni e quattro mesi, poi scesi a sei in secondo. L’uomo mercoledì scorso è stato assolto per un capo d’imputazione perché «il fatto non sussiste» mentre per l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa «annulla la sentenza dal Gup perché il fatto è diverso e dispone di trasmettere gli atti al pm per l’ipotesi di estorsione aggravata dal metodo mafioso». Vittima secondo i giudici Alberto Galeazzi, imprenditore ligure con un passato da vertice dell‘Ira costruzioni, società che si sarebbe dovuta occupare in un primo momento dei lavori del centro commerciale.
A beneficiare di un notevole sconto di pena, nove anni nove mesi e 12 dodici giorni, è invece Franco Costanzo, conosciuto a Palagonia con l’appellativo di pagnotta. In primo grado il giudice per l’udienza preliminare Santino Mirabella gli aveva riservato una pesante condanna a 20 anni, considerato anche il rito abbreviato. In appello scesi a 11 anni e 8 mesi. Infine la Cassazione aveva confermato la sua colpevolezza stabilendo però che venisse rideterminata la pena. L’uomo per diverso tempo è stato il braccio operativo nel calatino del capomafia provinciale Vincenzo Aiello. Un ruolo condiviso con Alfonso Fiammetta, che dopo l’ultima scarcerazione sarebbe diventato l’interlocutore principale dei reggenti delle famiglie mafiose di Catania, Enna e Siracusa.