Nel processo in cui è imputato Angelo Lombardo, i racconti dell'ex boss di Cosa nostra si concentrano sul fratello Raffaele. In mezzo diversi aneddoti sul mercato delle preferenze elettorali. «Andrea Nizza stava davanti un seggio con una scheda bianca». Pochi minuti per la testimonianza del consigliere Alessandro Porto
Mafia, pentito La Causa su rapporti con politica «La Rocca teneva in mano Raffaele Lombardo»
L’attesa era tutta per Alessandro Porto. Il consigliere comunale chiamato sul banco dei testimoni dai pm Antonino Fanara e Agata Santonocito, nel processo che vede alla sbarra Angelo Lombardo. L’ex deputato nazionale autonomista e fratello del più noto Raffaele ex presidente della Regione, accusato di concorso esterno alla mafia e voto di scambio. La deposizione dell’inquilino di Palazzo degli elefanti dura però poco più di dieci minuti. Qualche giro d’orologio per negare la conoscenza di Gaetano D’Aquino. L’ex capo mafia del clan Cappello che in più occasioni ha chiamato in causa Porto, indicandolo come uno dei protagonisti di una riunione elettorale che si sarebbe tenuta nel 2006 all’interno del bar Renna di Vulcania. La vicenda e la successiva inchiesta sul consigliere, poi archiviata, è recentemente riemersa anche tra le 17 pagine della commissione antimafia regionale sulle ombre di Cosa nostra che peserebbero sul Comune etneo.
Andrea Nizza stava davanti una scuola con una scheda bianca
A rubare la scena al testimone ci ha pensato presto Santo La Causa, l’ex reggente dell’ala militare della famiglia mafiosa dei Santapaola. Collegato in video conferenza da una località segreta, avvolto in giubbotto nero, seduto con le spalle alla telecamera, l’ex boss ha svelato intrecci e aneddoti che avrebbero legato mafia e politica all’ombra dell’Etna. I ricordi si concentrano però più su Raffaele Lombardo che sul fratello Angelo: «Sapevo che faceva politica ma non saprei con quali cariche e quando – spiega il pentito -, nei nostri discorsi quando si parlava di Lombardo si faceva però riferimento a tutto il pacchetto, quindi anche ai parenti». Meno vago e apparentemente più preciso, è il racconto sul predecessore di Rosario Crocetta a Palermo: «Mi dissero che era tenuto in mano da Francesco La Rocca». L’anziano capo di Cosa nostra della famiglia di Caltagirone, ormai sepolto dagli ergastoli, sarebbe stato anche uno dei protagonisti di una riunione che si sarebbe svolta nella tenuta di campagna di Lombardo.
«La vicenda mi è stata raccontata da Carmelo Puglisi», prosegue La Causa, facendo riferimento al padrino che per la famiglia Santapaola ha gestito il centro storico di Catania. «Mi disse che potevamo riagganciare i rapporti con Raffaele tramite il suo autista, era lui che si occupava degli appuntamenti». Arrestato per l’ultima volta nel 2009, durante un summit nelle campagne di Belpasso, La Causa nella sua lunga deposizione racconta anche altre storie legate a voti, elezioni e candidature. «Ricordo di aver conosciuto il fratello di un vigile urbano che diceva di essere mio cugino, credo si chiamasse Salvatore – rivela l’ex boss -, voleva candidarsi così come il figlio del proprietario di un bar all’interno dell’ospedale Garibaldi vecchio».
Le istantanee nella mente di La Causa lo spingono anche al 2008. Un periodo particolare perché dopo l’omicidio di Angelo Santapaola c’era da sopperire alla sua gestione «anarchica» della famiglia. Durante le elezioni di quell’anno «Andrea Nizza (attualmente latitante, ndr) si era messo davanti una scuola e dava una scheda bianca per far votare il suo candidato». Nello specifico La Causa parla anche delle regole mafiose per le candidature: «Quando qualcuno si vuole candidare deve portare i soldi ma per Raffaele Lombardo i discorsi erano ben altri». Sull’acquisto del consenso tra le strade di Catania La Causa si spinge in un particolare ma la deposizione viene stoppata: «Come somme versate conosco quelle di un altro politico ma non dovrei parlarne qui perché riguarda un altro processo».