Il «prestigio mafioso» per riprendere il controllo dei pascoli nell’Ennese

L’obiettivo sarebbe stato quello di riprendere il controllo del territorio di Agira. Ricominciare, insomma, da dove si era lasciato. Visto che a portare avanti questo proposito sarebbe stato soprattutto un uomo, considerato il referente di un’articolazione della famiglia di Enna di Cosa nostra, che aveva appena finito di scontare una condanna per mafia. Lui è finito in carcere insieme ad altre due persone, una invece è stata sottoposta all’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria. Questo nell’ambito dell’operazione denominata Cerere.

Il presunto referenti di Cosa nostra ad Agira (in provincia di Enna) è accusato di associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, furto, danneggiamento seguito da incendio. Tutti reati aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare l’attività di Cosa nostra. Gli altri tre sono accusati a vario titolo di estorsioneviolenza privata, lesioni personali, anche in questo caso aggravati dal metodo mafioso e dalla finalità di agevolare le attività dell’associazione. Nei confronti di altri indagati si sta procedendo a piede libero e sono in corso di notifica le informazioni di garanzia e sul diritto di difesa.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, l’uomo avrebbe provato a riproporsi come referente di Cosa nostra ad Agira, avvalendosi di un riconosciuto «prestigio mafioso», appoggiandosi alla locale manovalanza e cercando di coltivare i rapporti associativi con personaggi della stessa o di altre organizzazioni attive nei territori vicini. Stando a quanto emerso, l’uomo si sarebbe adoperato per mediare controversie e per recuperare il provento di alcuni furti su richiesta delle vittime.

Non solo numerosi reati tipici della mafia rurale, all’uomo vengono contestate anche due estorsioni consumate ai danni di ditte che eseguivano lavori pubblici di modesta entità nel territorio di Agira. A loro sarebbe stata imposta la cessione di materiali e l’esecuzione di lavori privati. Un’altra estorsione sarebbe stata poi consumata ai danni di un imprenditore agricolo: all’uomo sarebbe stato imposto di ritirare una querela presentata per un furto – per il quale erano state rinviate a giudizio tre persone – rinunciando così al risarcimento dei danni. Una quarta estorsione è stata ricostruita sempre ai danni di un imprenditore agricolo. In questo caso, sarebbe stato imposto di dare in affitto un terreno per il pascolo, a uomo ritenuto vicino a personaggi criminali dei territori limitrofi. In questo modo, l’uomo considerato il referente di Agira avrebbe tentato di evitare conflitti tra appartenenti a differenti associazioni operanti in aree territoriali vicine.

L’uomo è ritenuto il mandante anche di un incendio di 70 rotoballe di fieno ai danni di un imprenditore agricolo, ritenuto – erroneamente – responsabile dell’incendio di un’auto in uso a una persona di sua fiducia. Un altro degli uomini finiti in carcere sarebbe l’autore di un violento pestaggio ai danni di due allevatori per imporre sui loro terreni il pascolo dei propri animali. A carico del terzo arrestato è stata riconosciuta la responsabilità per un’estorsione consumata con il cavallo di ritorno, dopo un furto di animali commesso ai danni di un imprenditore agricolo.


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