Quattro imprese di vario tipo, terreni, appartamenti, conti bancari. Una fortuna - sospettano gli inquirenti - ottenuta attraverso attività illecite, su tutte l'imposizione del pizzo ad alcuni imprenditori. È quanto bloccato dalla Dia etnea a Giuseppe Privitera, Mariano Puglisi e Antonino Vaccaro, ritenuti membri di spicco della criminalità organizzata catanese
Mafia, maxi-sequestro da oltre un milione Colpito il patrimonio del clan Sciuto-Tigna
Sette immobili – tra terreni, appartamenti e garage -, imprese edili, plastiche e casearie, 17 automezzi e conti bancari. Tutto per un valore di circa un milione cinquecentomila euro. È l’ammontare del patrimonio sequestrato dalla Direzione investigativa antimafia di Catania a tre elementi giudicati di spicco del clan Sciuto-Tigna, Giuseppe Privitera, Mariano Puglisi e Antonino Vaccaro. I tre sono indagati per associazione per delinque di stampo mafioso ed estorsione nell’ambito dell’operazione Fiamma blu.
Secondo quanto accertato dagli inquirenti, i tre avrebbero imposto il pagamento del pizzo a diversi imprenditori impegnati con le rispettive aziende nella realizzazione di alcune opere pubbliche, come la rete di approvvigionamento del gas metano a Palagonia e Militello in Val di Catania. Le indagini della Dia si sono concentrate sui beni appartenenti a Privitera, Puglisi e Vaccaro e ai rispettivi familiari. Grazie agli accertamenti patrimoniali, sono state individuate forti differenze tra i redditi dichiarati e quanto realmente posseduto. Da qui la richiesta alle autorità giudiziarie di procedere al sequestro preventivo dei beni ottenuti – sospettano le forze dell’ordine – grazie alla posizione di rispetto all’interno del clan e alle attività illecite.