Mafia, il sequestro per Strano della cosca Cappello Tra la ditta di autotrasporti e appartamenti di lusso

Dal Ferragosto nel resort di lusso ai beni finiti sotto sequestro. Il protagonista è sempre lui: Mario Strano. Pluricondannato perché affiliato ai Santapaola prima e ai Cappello poi. L’ultima volta è finito in manette il 15 agosto scorso quando, nonostante il regime di sorvegliato speciale che gli impediva l’allontanamento dai confini di Catania, si era recato ad Altavilla Milicia, in provincia di Palermo, per trascorrere le vacanze insieme alla famiglia all’interno di un villaggio turistico quattro stelle. Da allora Strano si trova rinchiuso nel carcere di Termini Imerese e per lui oggi si aggiunge una nuova grana giudiziaria. Un provvedimento di sequestro dei suoi beni per un patrimonio totale di un milione e mezzo di euro. Nel mirino degli agenti della squadra mobile di Catania e della divisione anticrimine sono finiti la ditta di autotrasporti Catasped srl, dieci semirimorchi, un autocarro, un trattore stradale, due macchine, rispettivamente una Audi A1 e una Mercedes Smart, due motocicli marcati Bmw e Honda e tre appartamenti

La ditta specializzata nel trasporto nazionale e internazionale per conto terzi, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era formalmente intestata alla figlia di Strano. Presunta testa di legno che in realtà avrebbe nascosto gli interessi del padre. Gli appartamenti, tutti dislocati nel territorio di Catania, erano arredati in maniera lussuosa. Uno stile decisamente appariscente con foglie dorate nei muri, l’immancabile trono stile Scarface e la riproduzione di un leone, anch’esso dorato, con la criniera argentata. L’indagine ha evidenziato la sproporzione tra il tenore di vita di Strano e le sue dichiarazioni dei redditi. In questo modo, gli agenti hanno ricostruito la rete di beni a lui riconducibili, anche attraverso l’intestazione formale ai parenti, arrivando a chiedere al tribunale etneo la misura di prevenzione del decreto di sequestro.

Mario Strano appartiene a una famiglia storicamente inserita nel panorama mafioso etneo, e attiva in particolare nel quartiere periferico di Monte Po-Nesima, a due passi dal territorio del Comune di Misterbianco. Tra i parenti più noti ci sono i suoi due fratelli Claudio e Alessandro, quest’ultimo per anni riconosciuto vertice della famiglia mafiosa di Cosa nostra. Gli Strano però sono anche un sodalizio di voltagabbana del mondo del crimine. Mario, per esempio, ha scontato l’ultima condanna perché affiliato alla cosca dei Cappello. Passaggio ricostruito durante l’inchiesta Revenge, culminata con gli arresti del 2011 che evitarono una sanguinosa guerra di mafia proprio con i Santapaola. Lo spostamento avviene qualche anno prima, tra il 2007 e il 2009quando viene ucciso il reggente di Cosa nostra Angelo Santapaola e il suo guardiaspalle Nicola Sedici. In questo spazio si inseriscono i Cappello e i suoi reggenti Orazio Privitera e Sebastiano Lo Giudice.

Ci sono poi i racconti dei pentiti. In tanti, durante le loro deposizioni ai magistrati della procura di Catania, hanno fatto riferimento al ruolo di Mario Strano e dei suoi fratelli. L’ex reggente di Cosa nostra Santo La Causa, passato dal lato della giustizia nel 2012, lo accusa di avere avuto un ruolo nell’omicidio di Salvatore Pappalardo, reo di avere creato delle tensioni nella gestione delle estorsioni nel quartiere di Monte Po. C’è poi Gaetano D’Aquino, ex capo dei Cappello, che identifica Strano come uomo d’onore, formalmente affiliato per volere di Sebastiano Lo Giudice. Il mafioso della periferia di Catania sarebbe finito anche tra gli obiettivi di un agguato. Il motivo? Avere trattenuto per sé la carta delle estorsioni nonostante il passaggio dai Santapaola al clan rivale. Aneddoto, quest’ultimo, svelato dal collaboratore di giustizia Gaetano Musumeci

L’ultima apparizione pubblica Strano l’ha fatta durante il processo a carico dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo. Chiamato dall’accusa per svelare eventuali contatti tra mafia e politica per le tornate elettorali. Pochi minuti davanti a giudici e magistrati all’interno dell’aula bunker del carcere di Bicocca prima di congedarsi con una stretta di mano alla pm Agata Santonocito


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