Provvedimento di arresto per nove appartenenti al clan di San Cristoforo. Due i ricercati. Partecipazione ad associazione di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e trasferimento fraudolento di valori sono i reati ipotizzati. Sequestrati beni per un milione e mezzo di euro
Mafia, il clan Carcagnusi «ricco e spietato» Ancora latitante il capo Sebastiano Mazzei
Duro colpo alla famiglia mafiosa catanese dei Carcagnusi a capo della quale c’è Sebastiano Mazzei, noto con l’appellativo di Nuccio u’carcagnusu. Nell’ambito dell’operazione denominata Ippocampo e «a conclusione di un’articolata indagine», fanno sapere gli inquirenti, la Direzione investigativa antimafia di Catania, in collaborazione con l’arma dei carabinieri, ha eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di nove soggetti ritenuti appartenenti a vicini al clan mafioso, la cui egemonia sarebbe soprattutto nel quartiere San Cristoforo.
La famiglia Mazzei, storicamente riconducibile a Cosa nostra palermitana perché il capostipite Santo, padre di Sebastiano e detenuto in regime di 41 bis, divenne uomo d’onore su decisione di Leoluca Bagarella, arrivato a catania proprio per investire Santo, avrebbe stretto relazioni criminose con le famiglie mafiose della piana di Gioia Tauro per la gestione del traffico di stupefacenti. «I calabresi erano specializzati nel traffico della cocaina, mentre in Sicilia orientale si occupavano di hashish e marijuana», spiega il procuratore capo, Giovanni Salvi.
Partecipazione ad associazione di stampo mafioso, associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e trasferimento fraudolento di valori è l’accusa per Sebastiano Mazzei, già latitante dall’operazione di pochi mesi fa denominata Scarface, il cognato Gioacchino Intravaia, Giovanni Galati Massaro, Michele Maiolino, Prospero riccobeni, Daniele Antonino sgroi e Lucio Stella. Altri due sono ancora ricercati.
Un’attività fiorente quella dei carcagnusi, «attivi nell’acquisizione di beni e nella penetrazione del tessuto economico mediante l’acquisizione di società ed esercizi commerciali direttamente o indirettamente – spiegano gli inquirenti – e caratterizzati da una grande forza economica, ma anche da un atteggiamento spietato. Dalle intercettazini emerge addirittura la disponibilità ad uccidere la moglie», afferma Renato Panvino, a capo della Dia catanese.
Sottoposti a sequestro preventivo, inoltre, beni mobili e immobili per un valore di circa un milione e mezzo di euro. Si tratta di abitazioni, autoveicoli, motoveicoli, conti correnti e depositi bancari, un bar e quote societarie riconducibili ai Mazzei direttamente o per mezzo di prestanome.