Mafia, i beni confiscati del Comune che restano liberi La mappa e il caso della bottega di via Castello Ursino

Nell’elenco dei
beni immobili confiscati del Comune di Catania – l’ultimo disponibile è aggiornato al 20 agosto del 2018 – sono 37 quelli catalogati in base alle particelle catastali e non alle unità immobiliari che, in realtà, sono venti. Villette, appartamenti, giardini, botteghe, magazzini, garage, terreni sottratti alla criminalità organizzata per essere restituiti alla collettività. Non tutti però hanno ancora avuto questo destino e, al momento, ne restano di non assegnati. Sono diversi, invece, i dati dell’Agenzia nazionale per i beni confiscati: nell’elenco del governo compaiono, ad esempio, le case assegnate ai senzatetto dalla giunta Pogliese. Due immobili ristrutturati in via Testulla, a San Cristoforo, cui a stretto giro dovrebbero aggiungersene altre sempre per i clochard.

Tra le strutture presenti nell’elenco comunale una è stato demolito; diverse sono stati assegnate prima dell’approvazione del regolamento comunale del 2014 ad associazioni e realtà locali (Caritas, Avulss onlus, associazione Siculo-Rumena, Centro aiuto alla vita, centro Astalli, Libera, Addiopizzo); l’immobile di via Randazzo è diventato il Giardino di Scidà con le nuove modalità previste dal bando; alcuni sono rimasti nelle disponibilità del Comune che li ha usati, per esempio, come sede dello Sportello unico per le imprese. Ma otto immobili sono rimasti ancora liberi.

Nello specifico, tra le strutture strappate alla mafia ma inutilizzate ce ne sono due che contano su progetti in corso: la palazzina in via Pietro dell’Ova (dal civico 131 al 141) è stata ammessa dal ministero dell’Interno ai finanziamenti previsti dal Pon Legalità 2014-2020. L’immobile rimarrà come proprietà non disponibile dell’ente comunale che avrà la gestione della «struttura idonea da adibire a servizi in favore dei soggetti vulnerabili e a rischio devianza e ulteriori fasce deboli della popolazione, dirette a incidere sul miglioramento delle condizioni di legalità». Per la villetta al civico 16 di via Francesco Mannino Cefaly (nel quartiere Canalicchio) il Comune ha pubblicato un bando per l’affidamento del recupero dell’immobile da destinare a uno scopo sociale. Il progetto è di farne un albergo solidale, un alloggio per anziani, migranti, persone senza fissa dimora o in stato di necessità abitativa, mentre il terreno tutt’attorno sarà convertito in orti urbani

Per gli altri, il limbo sembra che dovrà prolungarsi ancora. Restano inutilizzati il villaggio cielo Azzurro di Vaccarizzo, un magazzino in via Anapo, un terreno di circa 600 metri quadrati in contrada San Giovanni La Rena (in via Orno all’angolo con via Robbia), un terreno di circa 260 metri quadrati in via Tito Speri, un appezzamento in contrada Telegrafo vecchio e una bottega con appartamento in via Castello Ursino 35-37. Tra le strutture libere, quest’ultima potrebbe essere quella più facilmente collocabile. Nel 2011, viene definitivamente confiscata al boss di Cosa nostra Natale D’Emanuele. Il capostipite della famiglia che, come hanno dimostrato indagini a partire dagli anni Novanta, controllava il racket del caro estinto. Il monopolio del business delle onoranze funebri garantito anche della parentela con lo storico boss mafioso Nitto Santapaola. È l’operazione antimafia Cherubino, nell’aprile 2010, a mettere in luce un giro d’affari nel settore portato avanti con la complicità di alcuni infermieri dell’ospedale Cannizzaro chiamati a consigliare i parenti dei defunti per le sepolture. 

Tolta alla criminalità organizzata, la bottega non ha iniziato ancora una nuova vita. In un primo momento, l’Agenzia nazionale – che la descrive come «una casa costituita da un piano terra adibito a magazzino-deposito e da un primo piano comprendete tre vani» – aveva proposto che venisse mantenuta come patrimonio dello Stato per essere utilizzata dalla prefettura di Catania. Nel 2014, però, la prefettura evidenzia «alcune criticità dell’immobile che, pertanto, non è ritenuto idoneo alle esigenze». L’immobile viene restituito ed è il Comune di Catania, nello stesso anno, a manifestare l’interesse all’acquisizione del bene per assegnarlo «ad associazioni che propongono appositi progetti di utilizzo per finalità sociali». E, infatti, il bene viene assegnato dall’Agenzia nazionale all’ente comunale «al fine di evitare che l’immobile rimanga inutilizzato e privo di manutenzione». 

Il fine, però, non è ancora stato raggiunto. «In realtà, si tratta di una bottega con un soppalco “spontaneo” (cioè abusivo, ndr) di 37 metri quadrati – dicono a MeridioNews dall’ufficio Patrimonio del Comune di Catania – Il bene, era stato inserito in un primo elenco per i finanziamenti del Pon-metro». L’idea sarebbe stata quella di farne un laboratorio di formazione per un progetto di sartoria per fasce svantaggiate. «Poi è stato escluso perché non avrebbe comunque ottenuto le autorizzazioni richieste: non c’è bagno, c’è poca luce e il soppalco probabilmente sarebbe da demolire perché non rispetta la distanza minima dal tetto». Insomma, mancherebbero i requisiti di abitabilità. «In ogni caso – concludono dell’ente – se qualche associazione o realtà fosse interessata può fare istanza e noi provvederemo a fare un avviso pubblico, come previsto da una delibera comunale».

Marta Silvestre

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