Mafia e scommesse, i Cappello conquistano Siracusa Diffusione capillare di sale e agenti, i viaggi in Albania

«Vediamo ora questo fatto del
Planet WinVedi che è importante, lì ci sono i soldoni». È il dicembre 2015 quando i due pachinesi Salvatore Bosco (classe 1985) e Antonino Iacono (classe 1959) vengono intercettati mentre parlano in macchina del business dell’azzardo. Entrambi indagati nell’inchiesta Gaming off line, sono definiti dagli inquirenti la «longa manus» nella zona più orientale della Sicilia di Massimiliano Salvo, detto ‘u carruzzeri, boss del clan mafioso catanese dei Cappello. È lui l’anello di congiunzione tra i due e Fabio Lanzafame, master dell’agenzia Planetwin365 (che da un anno ha una nuova proprietà estranea all’indagine, ndr) e vertice del sistema, che collaborando con la giustizia ha svelato il sistema della rete di sale tra legale e illegale.

Nel progetto di espansione del clan nel settore delle scommesse online, a occuparsi dell’aspetto organizzativo per le provincie di Siracusa e Ragusa sono Iacono e Bosco. Al primo viene contestata l’associazione a delinquere con l’aggravante di aver agevolato la mafia, al secondo di essere un affiliato del clan Cappello. Iacono ha alle spalle una candidatura a sindaco per il Comune di Pachino nell’ultima tornata elettorale del 2014, con l’appoggio di quattro liste tra cui anche quelle di Forza Italia e Fratelli d’Italia, sconfitto poi dall’attuale primo cittadino Roberto Bruno. Quelle elezioni sono finite già nel recente passato al centro dell’attenzione delle forze dell’ordine. Il prefetto Armando Gradone ha parlato di «un tentativo di infiltrazione dei sodalizi mafiosi nell’apparato amministrativo. In particolare, si è accertato il tentativo non riuscito da parte di Salvatore Giuliano, personaggio di spicco della criminalità organizzata locale, di fare eleggere un sindaco a lui gradito». Il nome di tale candidato però non fu reso noto. Ad aprile si è insediata una commissione prefettizia per verificare queste infiltrazione. L’alta metà della mela è Salvatore Bosco, accusato di far parte del clan Cappello e ritenuto anche l’esecutore materiale di un atto intimidatorio avvenuto nel gennaio del 2016 ai danni di un mezzo della società Dusty, l’azienda che all’epoca gestiva la raccolta di rifiuti a Pachino. Il mandante dell’incendio è il suo «fratuzzo» Massimiliano Salvo

Un rapporto consolidato che si conferma nel business legato all’azzardo. È Bosco, infatti, con il socio Iacono, a individuare i locali da adibire a sale scommesse sotto l’insegna di PlanetWin365, a commercializzare il software da installare per le giocate abusive e a raccogliere le scommesse dei clienti. Dopo «febbrili ricerche» aprono sale a Siracusa, Pachino, Noto, Rosolini, Augusta, Floridia, Pozzallo, Modica, Gela, Vittoria e Ispica. «Massimo 500 euro di affitto e deve essere almeno 100 metri quadrati», queste le caratteristiche dei locali per cui Lanzafame si occupa di ottenere le concessioni, «che poi vengono gestite da un unico ufficio per bancare, perché noi banchiamo. In più, sotto banco facciamo altre trenta, quaranta .com». Piattaforme online vietate per legge in Italia ma comunque attive tramite le licenze offerte da bookmaker con base fiscale a Malta, in Albania o in Romania.

«Mi sono sentito con Fabio (Lanzafame,
ndr), dice domani alle undici se scendiamo da lui così possiamo iniziare con i Premium e con i punto it. Intanto ci prendiamo questo per fare soldi subito, lo piazziamo ovunque», dice Bosco a Iacono in una conversazione del 2016 che conferma l’impegno dei due nella promozione del sito dell’imprenditore pentito delle scommesse. I due fidati soci, inoltre, nell’ottica di ulteriori opportunità di guadagno coltivano rapporti commerciali, ritenuti dalla procura di natura illecita, con alcuni albanesi e fanno anche viaggi in Albania per il disbrigo delle pratiche per la commercializzazione del sito di cui sono erroneamente convinti di aver ottenuto l’esclusiva nazionale. 

«La società Odissea è pronta e nel giro di pochi giorni avranno almeno 50 contratti che gli garantiranno utili per 20mila euro settimanali». Nel confermare il buon esito dell’operazione, Bosco sottolinea a Giovanni Orazio Castiglia (cugino di Massimiliano Salvo che cura gli interessi del clan etneo) che il portale albanese .com Specialbet offre quote particolarmente allettanti. «Lo abbiamo preso, sto aspettando le tabelle comunque sono altissime le quote… E siamo soci al 50% […] Se chiudiamo dieci contratti ci rimangono sette, ottomila euro al mese senza che facciamo niente, solo di provvigioni». Un ulteriore 25 per cento spetta «all’agente», nome in codice con cui si riferiscono a «Massimuccio» Salvo. 

Promozione, diffusione e gestione della rete con «poteri di indirizzo» per gli agenti sparsi sul territorio. Finiscono così ai domiciliari Christian Conte, figlio di Giovanni che è cugino e braccio destro di Lanzafame, i due avrebbero curato gli interessi economici nelle agenzie a Siracusa, Augusta, Floridia, Gela e Vittoria; Santo Blanco, con un bar a Siracusa e l’agente Francesco Bucceri; Federico Di Cio, titolare a Pachino del bar Quadrifoglio, usato anche come luogo di ritrovo; l’agente Lorenzo Greco, titolare di un centro elaborazioni dati sempre a Pachino; Tiziano Di Mauro a Rosolini; Massimo Iannelli ad Augusta; Giorgio Tela a Noto.

Una struttura piramidale ramificata nei territori che, stando alla tesi dell’accusa, avrebbe avuto un’assoluta
convergenza di interessi con il clan etneo. «E quindi lui siamo noi, giusto?», chiede Ianoco a Bosco. «Lui quello che fa a noi altri tutto quello che vogliamo, stiamo volando! Mi fa “Bravo, porta risultati, questa è una delle mille, tante cose che dobbiamo fare“», risponde il socio riportando le parole di Salvo. «Ma ci tratta bene, ci vuole bene», afferma Iacono. «A me mi ama», risponde Bosco annunciando che «mi ha detto che ci sono altre cose belle grosse, ora te lo dice lui il fatto di Milano. C’è un affare che frutterà milioni e milioni e mi ha detto che sta investendo 500 e lo dobbiamo gestire io e tu». 

Non solo scommesse, tra gli interessi in comune ci sarebbe anche quello dell’ortofrutta. Nel 2015, infatti, Bosco avrebbe costituito una società che opera nell’ambito della coltivazione e della vendita di pomodori Pachino (in cui però non figura) sempre con il suo socio Iacono e con la collaborazione economica di Salvo «per realizzare – scrive la gip – quell’opera di infiltrazione nell’imprenditoria che avrebbe consentito al clan di investire somme di denaro proventi dell’organizzazione mafiosa». 


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