Nuova udienza del processo Gorgoni. Ricostruito un presunto summit per la gestione del servizio di raccolta dell'immondizia ad Aci Catena. Il clan avrebbe pensato di mettere in atto una dura repressione nei confronti dell'allora primo cittadino
Mafia e rifiuti, il viaggio dei Cappello ad Aci Platani «Volevano incontrare il sindaco Ascenzio Maesano»
È ripreso questa mattina nell’aula uno del tribunale di Catania il processo Gorgoni sugli appetiti suscitati dagli appalti per la raccolta dei rifiuti nei Comuni di Aci Catena, Misterbianco e Trecastagni. Alla sbarra ci sono presunti esponenti del clan Cappello e l’imprenditore ritenuto reggente del clan Laudani ad Aci Catena, ma anche l’ex sindaco Ascenzio Maesano, funzionari comunali degli altri paesi e i vertici delle società Ef Servizi Ecologici e Senesi. Il primo dei quali, Vincenzo Guglielmino, è deceduto a dicembre di due anni fa.
Nell’udienza di oggi, sono stati riuniti i procedimenti, dopo che un mese fa la posizione di Maesano era stata stralciata per un ritardo nelle notifiche. L’ex primo cittadino, che è accusato dalla procura di corruzione per avere favorito la ditta Senesi nella disputa con la Ef Servizi Ecologici per ottenere il servizio ad Aci Catena nell’attesa che prefetture e giustizia si pronunciassero sulle rispettive certificazioni antimafia, era presente in aula e ha assistito all’interrogatorio degli agenti della Dia.
Al centro dell’attenzione c’è stato uno dei viaggi che gli uomini dei Cappello, il clan guidato da Massimiliano Salvo, avrebbero compiuto in direzione della frazione acese di Aci Platani per incontrare Lucio Pappalardo, ritenuto il reggente ad Aci Catena dei Laudani. A Pappalardo, secondo i pm, i Cappello e con loro l’imprenditore Vincenzo Guglielmino avrebbero chiesto di intervenire nei confronti di Maesano. La richiesta era chiara: l’amministrazione comunale doveva affidare in regime temporaneo l’appalto alla Ef, togliendolo alla Senesi, giunta seconda nella gara settennale ma subentrata nel momento in cui si scoprì che la prefettura di Catania aveva emesso un’interdittiva antimafia proprio nei confronti della ditta di Guglielmino. Un provvedimento identico, tuttavia, poche settimane dopo era arrivato da Fermo nei confronti della Senesi.
Uno dei testi, in tal senso, ha parlato della trasferta del 23 febbraio 2016 compiuta da Guglielmino, Raffaele Scalia e Piero Garozzo. Partenza da un’autorimessa lungo viale Mario Rapisardi a Catania, considerata base operativa del gruppo criminale catanese. L’arrivo nello stabilimento di Pappalardo ad Aci Platani. Dai rilevamenti satellitari, per gli investigatori è confermato che Guglielmino, Scalia e Garozzo abbiano sostato per circa tre ore a ridosso dell’azienda. Versione messa in dubbio dai legali di Pappalardo, che hanno chiesto se ci siano ulteriori raffronti che possano assicurare la ricostruzione degli inquirenti.
Per la procura, quell’incontro era stato chiesto per mettere Maesano con le spalle al muro. Da settimane, infatti, il capoclan Salvo manifestava nervosismo davanti all’inerzia del Comune di Aci Catena al punto che la cosca aveva messo in conto anche l’opportunità di compiere atti violenti nei confronti del primo cittadino. Tuttavia a mancare al confronto sarebbe stato proprio Maesano. «I soggetti si lamentarono del fatto che il sindaco non avesse presenziato», ha messo a verbale uno degli investigatori.
Nella prossima udienza si inizierà a sentire anche i testimoni chiamati a deporre dai legali di Pappalardo. Gli avvocati hanno presentato una lista con quasi cinquanta persone. Pappalardo è l’unico imputato sottoposto a misura cautelare in carcere.