Dopo aver riempito le pagine dei giornali nazionali, l'architetto che faceva affari con la mafia è stato ascoltato nell'aula giudiziaria del carcere di Bicocca per il processo d'appello all'ex governatore regionale. Descritto come «un uomo riservato», con interessi nel fotovoltaico e destinatario dei voti di Cosa nostra
Mafia e politica, parla il testimone Tuzzolino «Nell’Agrigentino tre summit per Lombardo»
Mafia, servizi segreti e summit. Ma anche politica, appalti e centinaia di nomi. C’è tutto questo – forse troppo – nella testimonianza di Giuseppe Tuzzolino, l’architetto agrigentino ultimo grande accusatore dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo. Sotto protezione dal 2015, il professionista poco più che trentenne ha iniziato a parlare con le procure siciliane nel 2013. «Ho patteggiato in un processo per turbativa d’asta per alcuni lavori vicino a Favara. Alla fine dei domiciliari sono arrivate le minacce e ho iniziato a fare il dichiarante con la Direzione distrettuale antimafia di Palermo». Tuzzolino si presenta dando le spalle alla telecamera che lo riprende da una località segreta. Intanto dall’aula tre del carcere di Bicocca ad ascoltarlo ci sono i giudici etnei del processo d’appello al politico autonomista. Il testimone parla per ore senza interruzioni e pochi «non ricordo», nonostante i racconti dettagliati con nomi, date e numeri di telefono sciorinati a memoria.
Il nome che viene pronunciato con maggiore insistenza dal testimone è quello del suocero, l’architetto ed ex assessore al Comune di Agrigento Calogero Baldo. «Per lavorare era vicino a Stidda e Cosa nostra – racconta Tuzzolino – la maggior parte degli appalti li avevamo nelle province di Agrigento, Trapani e Catania». A fare da tramite per ottenere le commesse ai piedi dell’Etna sarebbero stati i fratelli Alfio e Vincenzo Aiello: «Grazie a loro ci siamo occupati dei lavori al pronto soccorso del Policlinico e delle sanatorie edilizie a Gravina di Catania». I riferimenti sarebbero stati il geologo autonomista Giovanni Barbagallo e l’esponente mafioso Alfio Stiro. Il primo «diceva di avere un rapporto di amicizia e affaristico con i fratelli Lombardo», spiega il testimone.
Davanti tutta la mafia di Palma di Montechiaro dissero che bisognava votare Lombardo
Tuzzolino avrebbe conosciuto l’ex presidente della Regione nel 2009, durante un incontro che sarebbe stato organizzato all’alba dalla dirigente regionale Patrizia Monterosso. Un orario impossibile, spiega poi Lombardo, «perché prima delle 7.30 nessuno può entrare». «Io e mio suocero volevamo rassicurazione sulla copertura finanziaria per i lavori al tribunale di Marsala. I soldi vennero effettivamente erogati e l’opera consegnata nel 2012». Lombardo ascolta le dichiarazioni seduto accanto al suo avvocato. Il politico viene descritto dal testimone come «una persona riservata che non si fidava di nessuno se non dei suoi fedelissimi». Il nome della dirigente viene pronunciato anche in riferimento ad alcuni lavori da effettuare a Grammichele: «Volevamo indicazioni per il cantiere di palazzo La Barbera. Il presidente e Monterosso ci dissero che per la Well-Tech (studio di Calogero Baldo dove Tuzzolino lavorava, ndr) non ci sarebbero stati problemi».
Il centro dei ricordi del super teste sono però i legami che all’ombra dei templi di Agrigento sarebbero stati siglati tra mafia e politica. A ritrovarsi sotto il tetto dello studio del medico Lorenzo Vella, prima delle elezioni regionali del 2008, sarebbe stato tutto il gotha della mafia di Palma di Montechiaro. Un presunto summit che avrebbe avuto come organizzatore Roberto Di Mauro, l’ex assessore e deputato regionale del Mpa. «Ci disse che bisogna votare Lombardo, perché era l’uomo del fare, diverso dagli altri politici. Non si potevano fare promesse che non potevano essere mantenute – spiega Tuzzolino -. A noi interessava per i contratti di quartiere di edilizia popolare che poi abbiamo ottenuto e gestito per un ammontare di tre milioni di euro per il verde pubblico».
Lombardo gestiva il fotovoltaico con un uomo dei servizi segreti
I faccia a faccia sarebbero proseguiti anche nei giorni successivi. Prima a Favara, «nella villa di Giuseppe Arnone che era vicino a Eugenio D’Orsi. L’idea era sostenere Lombardo in modo da far eleggere Eugenio D’Orsi come presidente della provincia di Agrigento e così Arnone avrebbe fatto l’assessore per almeno due anni. Cose che poi avvennero». Secondo i racconti di Tuzzolino in Sicilia si sarebbe creato un fronte comune per sostenere il partito autonomista. «In una riunione a Canicattì riservata solo a mafiosi ci dissero che Giancarlo Giugno di Riesi si era attivato per il Nisseno, mentre a Catania la campagna elettorale la seguiva il geologo Barbagallo con la regia della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano».
Passate tre ore di testimonianza, Tuzzolino svela anche un presunto affare nel settore del fotovoltaico che avrebbe coinvolto Raffaele Lombardo e, almeno nelle intenzioni degli ideatori, anche il capo di Cosa nostra Matteo Messina Denaro: «Ma mi ha fatto sapere di non volere investire – svela l’architetto -. I suoi soldi mi servivano per raggiungere la quota di 400mila euro per entrare nella società Spes Engineering. La proposta mi venne fatta, tramite la figlia, da Leonardo Rinaldi, impiegato Enel dentro i servizi segreti che gestiva con Lombardo il settore del fotovoltaico».