Un patrimonio costruito grazie ai legami con la mafia. La famiglia catanese dei Santapaola da una parte e la cosca dei Barcellonesi dall’altra. Sono questi i motivi che hanno portato alla confisca di oggi a carico di Salvatore Santalucia, imprenditore attivo nel settore del movimento terra, della produzione di calcestruzzo e anche in quello agricolo. Il provvedimento, che segue un sequestro a cavallo tra la fine del 2015 e la primavera del 2016, riguarda quasi 380 beni tra società, terreni, fabbricati e mezzi, per un valore complessivo di oltre 28 milioni di euro.
Santalucia, conosciuto negli ambienti criminali come Turi Piu, è stato coinvolto in passato in diverse inchieste sulla criminalità organizzata. Il suo nome compare nelle carte delle operazioni Ermes, Dionisio, Arcangelo, Iblis, Omega-Obelisco, Longano, Eris, Vivaio, Montagna, Gotha, Caterpillar. Per quest’ultima indagine, Santalucia è sotto processo a Catania per il reato di violenza aggravata dal metodo mafioso. A tirare in ballo i rapporti che l’imprenditore avrebbe intrattenuto nel corso degli anni con la mafia è stato il collaboratore di giustizia Carmelo Bisognano. Nel caso dei Santapaola, il contatto sarebbe avvenuto tramite esponenti del clan Brunetto, attivo nella costa ionica etnea. Santalucia, inoltre, sarebbe stato il referente della criminalità organizzata per il controllo degli appalti a Roccella Valdemone, centro del Messinese di cui è originario.
Tra gli affari che hanno contribuito ad accrescere il patrimonio di Santalucia, spicca la collaborazione, tra il 2003 e il 2010, con la Eolo Costruzioni, società del Gruppo Nicastri, riconducibile al re dei parchi eolici in Sicilia Vito Nicastri. Originario di Alcamo, per la Direzione investigativa antimafia Nicastri è stato in rapporti strettissimi con il superlatitante Matteo Messina Denaro. Accusa che gli è valsa la confisca da oltre un miliardo di euro.
Come detto, Santalucia non è stato soltanto attivo nel settore dell’edilizia ma anche in quello agricolo e nello specifico negli allevamenti. Per queste attività, è riuscito ad accaparrarsi anche importanti contributi comunitari. Oltre alla confisca dei beni, il tribunale di Messina ha disposto per l’uomo l’obbligo di soggiorno per tre anni nel paese di residenza.
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