Mafia, confisca da 45 milioni a Padovani Il re dei videopoker «tra lusso e prostitute»

A giugno 2013 era finito in manette nell’operazione antimafia Rischiatutto coordinata della direzione distrettuale antimafia di Napoli. Adesso si è visto confiscare un patrimonio di 45 milioni di euro. Il protagonista è l’imprenditore catanese Antonio Padovani, tra i più noti impresari d’Italia nel settore delle slot machines, sale scommesse e giochi online, nonché proprietario insieme al fratello Enzo della storica discoteca Divina di Tremestieri etneo, molto in voga negli anni ’90 e poi chiusa. Nella rete degli uomini del nucleo di polizia tributaria di Caltanissetta coadiuvati dal reparto Scico di Roma, sono finite 16 società con sedi sparse da Catania fino a Roma e Modena ma anche quote societarie, 40 depositi bancari, 8 autoveicoli, tra cui una Ferrari F355, una barca da 12 metri, oltre ad alcuni terreni dove erano state costruite due ville con piscina del valore complessivo di quattro milioni di euro.

La misura di confisca, avanzata dalla procura di Caltanissetta, è il proseguimento dell’inchiesta Repetita Iuvant datata 2011 che aveva già portato al sequestro preventivo dei beni dell’imprenditore 62enne nato a Sant’Agata Li Battiati. Dietro le sue agenzie spesso gestite da alcune associazioni, secondo gli inquirenti, si celava anche un circuito parallelo di gioco clandestino. Padovani è stato condannato in primo grado a quattro anni dopo l’inchiesta sulla mafia nella piana di Gela denominata Atlantide – Mercurio che aveva fatto scattare le manette, nel 2009, per 24 presunti affiliati della famiglia di Cosa nostra capeggiata da Giuseppe Piddu Madonia.

Oltre alla Sicilia, la regione che ha da sempre attirato i maggiori investimenti dell’imprenditore è l’Emilia Romagna. Secondo gli investigatori partenopei che si sono occupati dell’indagine Rischiatutto, Padovani si sarebbe interessato tramite le sue società dell’istallazione di macchinette mangia soldi alterate per eludere il circuito legale gestito dai Monopoli di Stato. Non solo giochi ma anche finanziamenti. Colui che è stato ribattezzato il re dello slot machines avrebbe infatti foraggiato anche l’attività nel settore scommesse di Antonio Noviello, imprenditore affiliato ai Casalesi di Francesco Schiavone anch’egli operante nel territorio di Modena.

Già arrestato nel 2000 su mandato della Procura di Catania, Padovani secondo gli inquirenti sarebbe uno dei colletti bianchi vicini alla famiglia mafiosa catanese dei Santapaola, un nome forte abile a muoversi in relazioni borderline su cui Cosa nostra e non solo avrebbero da anni puntato in maniera decisa per il riciclaggio di milioni di euro provenienti dalle più svariate attività illecite. Nell’ordinanza in cui venivano passati al setaccio i rapporti tra Padovani e i Casalesi, gli investigatori per descrivere la quotidianità dell’imprenditore catanese e di un suo socio, Vincenzo La Ventura, anch’egli arrestato, scrivevano: «Una vita fatta di lusso e casinò in giro per l’Italia e l’Europa, prostitute, costose autovetture e regali».

Nell’ottobre 2011 a far visita a una sala scommesse di Catania di proprietà di Padovani – in via Torino, zona Vulcania, per anni meta di giovanissimi – era stata un’inviata della trasmissione di Mediaset Le Iene. Nel piano superiore era stata documentata con una telecamera nascosta una bisca clandestina con numerosi video poker non collegati alla rete dei Monopoli.


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A giugno 2013 era finito in manette. Adesso gli sono stati confiscati beni per decine di milioni di euro, tra cui 16 società, una Ferrari F355, una barca da 12 metri e due ville da quattro milioni. Ma l'imprenditore catanese è già noto da tempo a diverse procure italiane, per i suoi rapporti con i Santapaola e i Casalesi. Guarda le foto

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