La notizia è stata ufficializzata durante un'udienza all'interno del penitenziario di Bicocca. L'uomo era finito tra gli indagati dell'operazione Città blindata. Recentemente per lui c'erano stati nuovi guai legati alla gestione di una piazza di spaccio
Mafia, collabora con la giustizia Vincenzo Pellegriti Secondo i magistrati trafficava droga a Biancavilla
Da una settimana c’è un nuovo collaboratore di giustizia ad allargare le file dei pentiti del triangolo della morte compreso tra Paternò, Adrano e Biancavilla. Si chiama Vincenzo Pellegriti e l’ultima volta è finito nei guai a inizio settembre. Quando è stato arrestato dai carabinieri, insieme ad altre tre persone tra cui la compagna Alessandra Greco, con l’accusa di essere il gestore di una piazza di spaccio nel territorio di Biancavilla.
La notizia della sua collaborazione è pubblica da questa mattina, dopo l’ultima udienza del processo scaturito dall’operazione Città blindata. Oggi l’uomo ha rimesso il mandato al suo legale e agli atti sono finiti i suoi primi verbali. In questo blitz Pellegriti finì indagato con l’accusa di essere uno degli affiliati del clan mafioso Toscano-Mazzaglia-Tomasello, costola in provincia della famiglia catanese di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano.
A mettere nei guai Pellegriti erano stato il collaboratore di giustizia Valerio Rosano, noto alle cronache perché il suo volto era finito su alcuni necrologi sparsi per Adrano dopo la scelta di prendere le distanze da Cosa nostra. L’ex boss in alcuni verbali aveva collegato Pellegriti a una piazza di spaccio e al presunto acquisto di «moltissima marijuana». Indicandolo come particolarmente vicino al boss Pippo Amoroso, conosciuto a Biancavilla come Pippo l’avvocato.
Rosano però fermava i suoi ricordi al 2014. In precedenza il trafficante sarebbe stato vicino alla famiglia Maglia, avversaria degli Amoroso ma comunque allineata alle posizioni del clan Tommaso-Mazzaglia-Tomasello. Nel 2008 il nome del nuovo pentito era finito nella lista degli indagati dell’operazione The wall. In quell’occasione le indagini partirono dopo l’omicidio di Alfio Milone, ammazzato con sette colpi di pistola, l’ultimo in bocca, mentre transitava lungo la strada che collega Adrano a Bronte.