Mafia a Belpasso, città soffocata dal pizzo a tappeto Bar, gioielleria e pure una società di celle frigorifere

Mentre lo storico boss Carmelo Navarria era in prigione, un uomo avrebbe raccolto la sua eredità nel nome della famiglia di Cosa nostra dei Santapaola-Ercolano. L’identikit, tracciato dai carabinieri nelle carte dell’inchiesta antimafia Black Lotus, è quello di Giuseppe Felice. Ufficialmente reggente a San Pietro Clarenza e Barriera ma capace, secondo l’accusa, di arrivare anche a Belpasso. L’egemonia schiacciante, nella città del fico d’india, sarebbe dimostrata dal libro mastro delle estorsioni passato da un mafioso all’altro anche per diversi anni nonostante i continui arresti. Nell’elenco del pizzo ci sono tre noti bar, una società di Piano Tavola che si occupa di produrre celle frigorifere per camion, ma anche una gioielleria, un negozio di abbigliamento, una ditta che si occupava di raccolta rifiuti e diverse società attive nel campo dell’edilizia. 

Se si mettono le macchinette sul territorio di un altro gruppo si deve pagare al gruppo ospitante

E se alcuni imprenditori non si sono piegati, denunciando subito le visite indesiderate ai carabinieri, ad altri è toccato il pesante fardello dell’accusa di favoreggiamento. Spremuti ogni mese della richieste di boss e picciotti ma nonostante questo trincerati dietro ricordi offuscati una volta convocati in caserma. Lo spartiacque in questa storia è individuabile nel 2014, anno in cui Navarria viene scarcerato e decide di ritornare a Belpasso con il ruolo di reggente dei Santapaola. Sulla sua strada trova però Giuseppe Felice, inserito nella stessa famiglia mafiosa ma vicino al gruppo degli Ercolano. Una contrapposizione sanata qualche mese dopo durante un summit, con Navarria che prende in mano pieni poteri. La sua leadership su Belpasso dura però appena 14 giorni perché il boss il 20 novembre 2015 viene arrestato, diventando qualche anno dopo addirittura collaboratore di giustizia seguito a ruota dal genero Gianluca Presti.

Tra le estorsioni maggiormente contese ci sarebbe stata quella al bar Dolce Venere. La quota pizzo, per un ammontare di 200 euro, avrebbe compreso pure una parte da destinare al gruppo mafioso di Acireale per l’installazione di alcune slot machine. «Se un gruppo colloca delle macchinette sul territorio di un altro – racconta a verbale Navarria – deve pagare una somma di denaro al gruppo ospitante. Ho protestato con Francesco Santapaola e poco tempo dopo il proprietario del bar per conto della ditta delle macchinette ha iniziato a pagare 250 euro al mese». Alla fine per entrare nell’estorsione Navarria ideò di spargere la voce di avere una quota nell’attività, così da tenere a distanza i rivali. 

Cosa ti avevo detto? Almeno mi dovevi fare trovare mille euro

Tra i taglieggiati sarebbero finiti anche i bar Settemila Caffè e Paradise, entrambi a Belpasso. In particolare nel periodo di Natale l’estorsione da quest’ultimo sarebbe stata corrisposta regalando al clan ceste di prodotti tipici. Stesso discorso per il titolare della concessionaria Motor System. Secondo i documenti dell’inchiesta i Santapaola avrebbero sondato la volontà degli imprenditori belpassesi inviando decine di lettere minatorie, con tanto di proiettili, richieste di denaro – pari a 60mila euro – e l’indicazione di «cercarsi l’amico». Uno di questi biglietti, a febbraio 2016, era stato lasciato davanti il cancello della ditta Balestrieri Appalti, originaria di Gragnano, in provincia di Napoli, ma impegnata a Belpasso per la raccolta dei rifiuti. Il piano però in questo caso non è andato a buon fine per il netto rifiuto della vittima.

Discorso diverso per i 400 euro mensili che la ditta Jasira di Piano Tavola era costretta a versare in rate trimestrali da 1200 euro.  Specializzata nella costruzione di furgoni isotermici e finita al centro di alcuni dialoghi intercettati. «Cosa gli hai detto al frigorifero?», chiedeva il presunto reggente di Belpasso a un suo picciotto: «Gli dissi “Salvuccio, non ci siamo. Cosa ti avevo detto? Almeno mi dovevi fare trovare 1000 euro“». Il nome contenuto nell’intercettazione, secondo gli investigatori, corrisponderebbe a quello di Salvo Sorbello, responsabile del reparto tecnico di produzione e anche lui indagato per favoreggiamento poiché «ha negato di essere sottoposto ad estorsione». 

I furti e i continui danni, invece, avrebbero messo «in una fase di stallo» l’estorsione al negozio d’abbigliamento Gente di moda. A parlare in questo caso è il collaboratore di giustizia Antonio Prezzavento. «È un’estorsione in atto da lungo tempo – si legge in un verbale – Sia la madre di Pietro Stimoli che il figlio in passato avevano preso della merce senza pagarla e il titolare aveva cercato di detrarre l’importo del vestiario non pagato da quello dell’estorsione». Merce non pagata e pizzo pure per la gioielleria Idea Oro. In questo caso, come emerge dall’ordinanza di custodia cautelare dell’operazione, l’estorsione risalirebbe nel tempo ma a questa attività è legato anche un aneddoto particolare. Il boss Navarria avrebbe preso due fedi nuziali al prezzo di 450 euro, lasciando al titolare come acconto meno della metà di quanto dovuto. Da quel giorno il capomafia però non si è fatto più vedere.  


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